Barocco insolito: la Cripta dei Cappuccini Chiesa di Santa Maria Immacolata

Per raccontare il grande fascino della Cripta dei Cappuccini in via Veneto, proponiamo un capitolo del volume Roma vista controvento di Fulvio Abbate (Bompiani, Milano, 2015, pp. 697).

La cripta dei Cappuccini a Roma.

«Agli spagnoli, ai siciliani, ai leccesi, ai messicani, agli amanti di Halloween e dei film terrorizzanti del regista Dario Argento che magnificano le meraviglie del proprio barocco raccapricciante, i romani sono autorizzati a controbattere con lo spettacolo della cripta dei Cappuccini in via Veneto, compreso il sacello dove riposa Padre Mariano (1906-1972), il frate-professore che spiegava il Vangelo e molto altro nella televisione del servizio pubblico confessionale e concordatario al tempo monocolore e monocanale della Democrazia Cristiana, chiudendo i propri discorsi con un inamovibile e proverbiale “Pace e bene a tutti”.
La cripta è infatti cosa davvero unica, forse nascosta rispetto all’occhio del visitatore ignaro o accecato soltanto dal binomio via Veneto-Dolce vita: e dunque puttane, cocaina, attori famosi, pessimo cibo ed escrementi di ratto nei migliori locali titolati, ma comunque degna di ogni possibile attenzione.

La cripta dei Cappuccini a Roma.

Se le omonime catacombe palermitane – dove i morti dimorano attaccati per il collo e per le natiche con gli abiti del proprio mestiere, già viste nel film di Francesco Rosi “Cadaveri eccellenti” – vanno associate alla teatralità espressionistica per la loro ridondanza scenografica, nel caso della sede romana bisogna pensare semmai all’astrazione pura: Mondrian piuttosto che Munch. In via Veneto infatti le ossa umane sono utilizzate, come elementi geometrici, per realizzare una decorazione parietale. Ai Cappuccini di via Veneto le vertebre, i bacini, le costole, i femori, cartilagini comprese, servono a comporre l’ornato delle cripte. Qualcuno, a suo tempo, pensò a installare, uno dopo l’altro, ogni pezzetto d’ossa al muro.
Il discorso profondo che se ne deduce solo in apparenza riguarda il libro dell’Ecclesiaste, e anzi smentisce i capisaldi di quel testo: non è vero che tu, da morto, non servi più a nulla, guarda bene qui e scoprirai che non si butta niente nella versione più combinatoria del barocco.
Nell’ordine, troviamo la cripta della resurrezione, la cripta dei teschi, la cripta dei bacini con un grande baldacchino (di bacini, ovviamente) dal quale pende un fregio di vertebre e due grandi fiori laterali formato da scapole con pendagli sempre di vertebre. La cripta dei tre scheletri, dove i piccoli scheletri – amati defunti di casa Barberini – sorreggono con una mano un cranio alato. Nel sito ufficiale è possibile leggere:

La cripta dei Cappuccini a Roma.

“Verso la metà del Settecento, con interventi successivi fino al 1870, questo luogo di sepoltura, di preghiera e di riflessione per i cappuccini – che vi scendevano ogni sera prima di andare a riposare – è stato trasformato in un’opera d’arte, per trasmettere il messaggio che la morte ferma le porte del tempo e apre quello dell’eternità”».

Roma, 5 maggio 2019


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