Bernini versus Borromini: a Sant’Andrea delle Fratte e al Palazzo di Propaganda Fide

Molti sono a Roma i luoghi palcoscenico dell’incontro – scontro, dove si possono gustare le azioni artistiche dei due più grandi attori del Barocco romano: a Piazza Navona, con la Fontana dei Fiumi dell’uno e la facciata della chiesa di Sant’Agnese

Francesco Borromini.

in Agone dell’altro; all’interno e all’esterno della basilica di San Pietro con le storie legate al baldacchino e ai campanili della facciata; o ancora lì, dove i due presero a misurarsi sulle rispettive prodezze architettoniche, ovvero nelle chiese di Sant’Andrea al Quirinale e di San Carlino alle Quattro Fontane; e poi Palazzo Barberini, altro luogo di accesa competizione. I due sono, ovviamente, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini registi indiscussi del barocco romano.
Gli esempi citati sono solo alcuni dei tanti episodi che la storia e la tradizione riferiscono della loro accesa rivalità, vera o presunta che sia. Tra questi va annoverato, anche, ciò che accadde nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte e al Palazzo di Propaganda Fide.
Come spesso accadeva i due grandi artisti lavoravano distanti uno dall’altro pochi metri, e in questa particolare occasione anche a due passi da Trinità dei Monti e dalla Fontana della Barcaccia, scolpita da Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo.
La chiesa di Sant’Andrea delle Fratte è chiesa interessantissima già per l’origine del nome “fratta”, uguale a siepe o macchia, che ricorda l’aspetto campagnolo a lungo conservato in quest’area del rione Colonna, ai limiti della città barocca. La basilica era indicata, infatti,“inter hortos et ad caput domorum”, ovvero tra gli orti e in cima alle case, ovvero Capo le Case che resta come toponimo, cioè ai limiti del centro abitato. È anche nota come Santuario della Madonna del Miracolo, perché al suo interno, l’avvocato e successivamente sacerdote francese Alphonse Marie Ratisbonne, ebbe un’apparizione mariana il 20 gennaio del 1842.

Gian Lorenzo Bernini – Autoritratto.

La costruzione della chiesa attuale fu avviata nel 1612 su un edificio più antico, già ricordato nel secolo XII, che, nel XV, era stato chiesa nazionale degli scozzesi. Questa chiesa più antica, nel 1585, fu affidata, da Sisto V, ai Minimi di San Francesco di Paola che stavano nella vicina Trinità dei Monti. In una fase di rilancio edilizio della zona, il marchese Ottavio Benedetto Del Bufalo ne finanziò la ricostruzione che inizialmente fu curata dal modenese Gaspare Guerra, e successivamente, dopo una lunga sospensione, nel 1653 fu affidata alla responsabilità di Francesco Borromini.
Nella Pasqua del 1645, la chiesa aveva acquisito un nuovo parrocchiano: Gian Lorenzo Bernini.
Questi aveva acquistato una casa molto spaziosa a via della Mercede, a due passi da Sant’Andrea delle Fratte, e vi si era trasferito con la sua numerosissima famiglia. Tanto che il parroco nel suo registro definisce la zona come “Isola del Cavalier Bernino”.
Bisogna aggiungere che questi erano gli anni in cui la polemica tra i due era ai più alti livelli: Borromini, infatti, aveva avuto molto a che ridire sui due sciagurati campanili di San Pietro disegnati dal Bernini che, per imperizia architettonica, stavano per crollare mettendo addirittura in pericolo la facciata della basilica di San Pietro. La questione fu risolta con l’arrivo al soglio pontificio di Innocenzo X, che ostile al Bernini fino a quel momento amatissimo in Vaticano, li aveva fatti abbattere senza esitazione alcuna, dopo aver incaricato Borromini di realizzare la perizia tecnica.
Tornando alla storia di Sant’Andrea delle Fratte, ecco che, nel 1653, come s’è già accennato, alla ristrutturazione fu chiamato Francesco Borromini, il cui genio ha lasciato tracce straordinarie specie nel campanile, nell’abside e nel movimentato

Sant’Andrea delle Fratte.

tamburo che avvolge la cupola: è proprio quest’ultima struttura incompiuta, con laterizio in vista, che sembra meglio svelare il segreto del mago del dinamismo architettonico. Il campanile, finito prima del 1665, è di forma stupefacente. La piccola torre campanaria risulta con due ordini prismatici cui ne segue uno cilindrico al quale ne succede un altro a pianta ondulata: questa è sormontata da una stilizzazione dello stemma del marchese Del Bufalo. L’interno è largamente improntato dall’architettura ecclesiastica del Cinquecento, con un transetto assai stretto per mancanza di spazio. L’impianto della volta e l’abside furono realizzati dal Borromini tra il 1653 e il 1665. Secondo l’intendimento del grande architetto, la cupola sarebbe dovuta risultare altissima, impostata sull’alto del tamburo. Invece, rimasti incompiuti i lavori per mancanza di finanziamenti e poi per la sua morte, tragicamente avvenuta nel 1667, la volta interna fu costruita da Mattia De Rossi nel 1691.
Ma anche all’interno della chiesa di Sant’Andrea delle Fratte il confronto tra i due artisti barocchi si fa serrato anche se indiretto e postumo. Qui, infatti, nel 1729, ai lati dell’altare maggiore, saranno collocati, per volontà di Clemente IX Rospigliosi, che intese preservarli dall’offesa delle intemperie, i due angeli che portano rispettivamente il cartiglio e la corona di spine, realizzati dal Bernini per il Ponte Sant’Angelo, dove però non furono mai sistemati. I due angeli, gli unici realizzati di mano propria del Bernini ormai anziano, per la decorazione del Ponte, furono offerti alla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte da Prospero, il nipote del Bernini, che abitava ancora nel vicino palazzetto di famiglia di via della Mercede.

Sant’Andrea delle Fratte – Campanile. Si ringrazia RomaSparita.

La prosecuzione di via di Sant’Andrea delle Fratte diventa via di Propaganda, la quale introduce in Piazza di Spagna. Qui si erge l’imponente Palazzo di Propaganda Fide, tra i più interessanti complessi monumentali di Roma che costituisce, dagli inizi del secolo XVII, la centrale missionaria del cattolicesimo. In pieno fervore di scoperte geografiche e mentre era in corso il processo di mutilazione provocato dalla Riforma, la Chiesa si organizzò per estendere la sua azione nei nuovi continenti, riprendendo lo slancio missionario che, nel Medioevo, l’aveva portata ad allargarsi in tutta Europa.
Papa Urbano VIII Barberini costituì nel 1627 una Congregazione de Propaganda Fide alle cui dipendenze pose un collegio destinato ad accogliere e a formare alunni provenienti dai Paesi nei quali era in corso la persecuzione o nei quali erano avviate missioni. Il palazzo di Piazza di Spagna, acquisito fin dal 1625, fu a lungo l’esclusiva sede delle iniziative missionarie, ospitando anche una tipografia poliglotta cui, per un certo periodo, fu preposto il grande incisore, tipografo e stampatore Giambattista Battista Bodoni, noto per i caratteri tipografici da lui creati. Dal 1921, il palazzo è rimasto sede della sola Congregazione che, dopo il Concilio Vaticano II ha assunto la nuova denominazione di Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli o De Propaganda Fide.
Il palazzo occupa un ampio isolato a forma di trapezio. Una costruzione del XVI secolo, fu gradualmente trasformata, con successivi interventi i quali presero l’avvio con la realizzazione della facciata sulla piazza da parte di Gian Lorenzo Bernini nel 1644, mentre le facciate sugli altri lati, databili al 1655, sono state realizzate undici anni dopo, guarda caso, dal grande rivale Francesco Borromini.

Palazzo della Propaganda Fide -Giuseppe Vasi.

Il cantiere del palazzo, diretto da Borromini, veniva a cadere proprio di fronte al palazzo abitato da Bernini e dalla sua famiglia, e se è ormai noto che la rivalità tra i due, che in piazza Navona passa per la posizione della mano della personificazione del Rio della Plata, che sembra difendersi dalla potenziale caduta della facciata della chiesa di Santa Agnese in Agone, sia leggenda, sembra invece vero l’episodio che riguarda quest’altro cantiere.
Borromini, infatti, non perse l’occasione per esprimere alla sua maniera ciò che pensava dell’abilità di Bernini quale architetto e scolpì, sulle pietre della facciata del palazzo della Propaganda Fide che guardavano verso la casa di Bernini, due enormi orecchie d’asino. Bernini non perse a sua volta l’occasione e, in risposta, scolpì un enorme fallo sul cornicione del suo palazzo, che indicava proprio il cantiere di Bernini.
Le cronache dell’epoca riportano che “ambedue le opere” furono “sformate per decenza” dall’autorità pontificia per motivi di ordine pubblico.
Dal punto di vista architettonico si può aggiungere che, mentre nella costruzione della facciata su piazza di Spagna il Bernini dovette essere condizionato dalla costruzione preesistente, tanto che l’edificio assunse l’aspetto di un fortilizio, il Borromini potè muoversi con maggior agio, concedendo piena libertà al suo estro inventivo, sia per i movimenti delle murature, sia per le decorazioni.

Oratorio dei re Magi – Palazzo Propaganda Fide.

Ma la competizione dei due, per caso e per la storia, non si fermò a questo confronto di stampo goliardico, ma investì anche la realizzazione del così detto Oratorio dei Re Magi, all’interno del Palazzo di Propaganda Fide. Troppo grande per essere chiamato cappella e troppo piccolo per assurgere al ruolo di chiesa, privo di una facciata per cui esso risulta difficile da identificare, l’Oratorio fu costruito una prima volta da Bernini su pianta ellittica. Nel 1639 l’edificio può dirsi completato, ma manifestandosi l’esigenza di aumentare la sua volumetria, con l’arrivo al soglio pontificio di Innocenzo X, il cantiere è sottratto a Bernini per essere assegnato a Borromini.
Quest’ultimo sceglie di cancellare completamente l’impronta del suo rivale imponendo all’edificio una classica pianta rettangolare. L’Oratorio sarà costruito fra il 1662 e il 1664, ed è proprio l’architettura di Borromini che sopravvive e perviene a oggi. Si tratta di un grande e luminoso salone, di forma parallelepipeda, dal bianco intonaco, nel quale l’effetto del movimento e di novità è affidato soprattutto agli stucchi decorativi, specie nelle nervature che intersecano la volta quasi piatta e alle sei nicchie, che ospitano altrettanti busti di marmo chiaro su basi nere.

Oratorio dei Re Magi – Soffitto.

Il motivo a intreccio che si realizza sulla volta, e che suggerisce il motivo a lacunari tante volte indagato da entrambi gli architetti, qui crea l’illusione di un volume più grande, che conferisce a tutto l’edificio maggiore slancio e armonia.
Ma dall’edificio costruito dal Bernini provengono molte delle opere pittoriche che sono ospitate nelle cappelle dell’Oratorio come “La Conversione di San Paolo” di Carlo Pellegrini e l’ ”Adorazione dei Re Magi”, posta proprio sull’altare, di Giacinto Gimignani.
Le cronache raccontano che in occasione dell’Epifania del 1775, nell’Oratorio, furono officiate più messe contemporaneamente nei diversi riti orientali: alessandrino, antiocheno, bizantino, armeno e caldeo, con musiche e canti scelti per i pellegrini che erano giunti a Roma in occasione del Giubileo e che provenivano proprio dal mondo greco, maronita e siriano. Alla messa assistettero anche gli alunni del Collegio della Propaganda Fide e alcuni nuovi allievi furono vestiti con gli abiti talari per la prima volta proprio in questa occasione.

Roma, 3 febbraio 2018


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