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Leonardo: il tumulto della fede e l’arte moderna

di Tomaso Montanari

Leonardo da Vinci muore il 2 maggio 1519 nel Maniero di Clos – Lucé ad Amboise in Francia. Corre perciò questo anno il cinquecentesimo anniversario della sua morte. Molte sono le mostre e gli eventi dedicati a Leonardo lungo questo 2019. Anche noi di Roma Felix vogliamo portare un nostro piccolo contributo, pubblicando questo breve articolo di Tomaso Montanari, raccolto insieme ad altri nel volume “L’ora d’arte” pubblicato da Einaudi per la serie Gli Struzzi nel 2019.

Leonardo – Autoritratto 1510/1515 – Sanguigna – Torino – Biblioteca Reale.

L’Epifania è la solennità della manifestazione, e nella tradizione cristiana unisce tre feste e ne annuncia un’altra. Gesù bambino manifesta la sua divinità a tutte le genti attraverso i Magi, tre saggi venuti da Oriente: che lo raggiungono grazie alla scienza, alla conoscenza, e gli portano oro (segno che hanno capito che è un re), incenso (segno che hanno capito che è Dio), mirra (il profumo in cui verrà avvolto il suo corpo dopo la morte, segno che hanno capito che sarà un re e un dio diverso, capace di soffrire e di morire). Poi Gesù manifesta di essere figlio di Dio, nel battesimo al Giordano, suo primo atto pubblico: quando si udirà addirittura la voce del Padre. E proclama la sua Passione (cioè la sua morte sulla Croce) quando alle nozze di Cana, cambia l’acqua in vino: simbolo del suo sangue. Infine nel giorno dell’Epifania in tutte le chiese si annuncia il giorno della Pasqua dell’anno appena iniziato: perchè la morte non è la fine.

Ecco, tutte queste cose dovevano ronzare nella testa all’ancor giovane Leonardo quando pensò a come rappresentare la sua Adorazione dei Magi, che doveva andare sull’altare di una chiesa: ma che non ci andò mai perchè Leonardo partì per Milano, e non la finì.

Leonardo – Adorazione dei Magi 1481/1482 – Olio su Tavola – Firenze – Galleria degli Uffizi.

Ma quel quadro appena disegnato fu l’inizio di qualcosa che non ebbe fine: perchè dette avvio a quella maniera, cioè a quel modo di dipingere (di più: a quel modo di vedere la vita) che già i suoi contemporanei, e poi ancora noi oggi, chiamiamo «moderna».
Leonardo non immaginò la scena «di profilo», come spesso si era fatto. Né la immaginò ordinata e frontale.
No, i Magi arrivano da tre parti diverse, e «circondano» la Madonna: che è come il centro di un’esplosione, o il cuore di un giglio che si schiude. E il Bambino intorno al quale gira tutta questa scena tumultuosa – lo spiega un angelo eloquente indicando un albero – è il Germoglio che si aspettava da secoli: è un inizio, una primavera dello Spirito.
Una primavera però controversa. Sullo sfondo un tempio in rovina (per il quale Leonardo prende spunto dalla chiesa di San Miniato, carissima ai fiorentini) lascia intravedere ciò che questo Bambino dirà di se stesso: che il tempio del suo corpo sarà distrutto, ma in tre giorni sarà ricostruito.
Per la prima volta nella storia dell’arte un’Adorazione dei Magi era altrettanto mossa, drammatica, credibile, umana e folle per la sua pittura quanto lo era per i misteri di fede rappresentati. Dopo un quadro come questo sarebbe stato un po’ meno difficile credere all’incontro tra l’uomo e Dio.

Roma, 11 giugno 2019


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