Passeggiata

Sant’ Agostino: le tre Madonne nella Chiesa della Madre

di Paolo Biondi

Biblioteca Angelica – Sala Vanvitelliana

Paolo Biondi è una delle guide più apprezzate di Roma Felix che in occasione della sua visita realizzata alcuni mesi in Sant’Agostino in Campo Marzio per la nostra associazione, ha scritto questo testo sulle tre Madonne, che con piacere pubblichiamo.

Nel 1286 Eligio Lufredi donò agli Agostiniani di Piazza del Popolo alcune case nel Campo Marzio per farci il loro convento. Queste case andarono poi a costituire il primo nucleo, e il più antico, della chiesa di Sant’Agostino.

Più tardi Papa Onorio IV confermò la donazione e affidò agli Agostiniani anche la chiesa di San Trifone, una chiesa dell’VIII secolo ricostruita nel X dedicata a un martire greco del III secolo, che si affacciava su via della Scrofa. Il convento si sviluppò così soprattutto nell’area che ora occupa il retro della chiesa di Sant’Agostino, un edificio che oggi è l’Avvocatura dello Stato, e sul lato destro, tanto da determinare nel Settecento l’abbattimento della chiesetta di San Trifone.
Oggi gli Agostiniani sono proprietari solo di quell’ala, che dà su via della Scrofa, comunque così grande che in parte è utilizzata come albergo per sacerdoti. Qui risiedeva Bergoglio prima del conclave che l’ha eletto papa. Qui tornò per raccogliere le cose che aveva lasciato e pagare il conto.
Nella parte più vicina alla chiesa nel Seicento, abbattendo cinque vecchie case, fu costruita la biblioteca Angelica. L’unione dei volumi di una biblioteca privata a quelli del convento diede vita alla prima biblioteca pubblica di Roma, che è ancora una delle principali biblioteche di Roma con decine di migliaia di preziosi volumi del Sei e Settecento e diversi incunaboli.
Nel 1296 per volere di Bonifacio VIII si decise la costruzione della nuova chiesa che fu terminata solo nel 1446. Per interessamento del cardinale Guglielmo d’Estouteville, camerlengo del papa e protettore degli Agostiniani, la chiesa fu ingrandita, con lavori che iniziarono nel 1471 e finirono nel 1484. Al cardinale la chiesa stava particolarmente a cuore perché essa veniva ad avere un prestigioso affaccio: sul tracciato della via Recta (le attuali via delle Coppelle, S. Agostino, via dei Coronari), una delle vie per accedere a San Pietro, percorsa da pellegrini e da papi. La struttura della chiesa sarà poi rivista dal Borromini nel 1661 e dal Vanvitelli a metà Settecento.
Dal 1458 la chiesa ospita i resti della madre di Agostino, Santa Monica, morta ad Ostia nel 387 mentre era in attesa di imbarcarsi per l’Africa. I resti furono ritrovati dagli Agostiniani agli inizi del Quattrocento e traslati prima a San Trifone poi, appena terminata la chiesa nuova, qui. Da allora la chiesa dedicata a Sant’Agostino è divenuta la “Chiesa della Madre”, visto che Sant’Agostino è seppellito a Pavia

Madonna con Bambino – icona dell’altare maggiore di Sant’Agostino

Questa sua accezione di Chiesa della Madre è andata poi ad accentuarsi nel tempo grazie alla presenza di diverse Madonne col Bambino conservate all’interno di Sant’Agostino in Campo Marzio. Il tema della maternità è già affrontato sull’altare maggiore dove trova posto un’icona della Madonna con Bambino secondo il modello dell’Odighitria, cioè di “colei che indica la via, additando al mondo il Bambin Gesù”. La tradizione vuole, e così recita una scritta che è nel retro dell’immagine, che l’icona fosse originariamente appartenuta alla chiesa di Santa Sofia di Costantinopoli e che fosse stata portata a Roma nel 1482. Gli studiosi ritengono però che dia precedente al XIV secolo e di scuola italiana vista anche l’iscrione in latino che è possibile leggere sull’aureola.
Tre però sono le Madonne più interessanti che la chiesa ospita e che sono tutte concentrate nella parte terminale della chiesa: la Madonna con bambino e Sant’Anna, di Andrea Sansovino; la Madonna del Sasso poi detta del Parto, di Jacopo Sansovino; la Madonna dei Pellegrini, del Caravaggio.

Sant’Agostino in Campo Marzio – Facciata

La Facciata
Prima di entrare nella chiesa restiamo ad ammirare la sua facciata con la consapevolezza che stiamo ammirando di fatto il Colosseo. Ovviamente, nella realtà, non si tratta del Colosseo vero e proprio che si trova giù nella sua valle al termine di via dei Fori Imperiali, ma dei suoi marmi che furono utilizzati nel 1483 per questa bella facciata eseguita da Giacomo da Pietrasanta. In realtà c’è chi la attribuisce a Leon Battista Alberti ma non ci sono evidenze a riguardo, anche se, eliminando con la mente le due volute della parte superiore aggiunte dal Vanvitelli nel Settecento per nascondere la vista dei contrafforti laterali, l’impressione di trovarsi di fronte ad un’opera albertiana è forte. Comunque resta evidente la forte influenza che l’Alberti ebbe sul Pietrasanta. A coronamento della prima metà della facciata troviamo la committnza: “Guillermus de Estoutevilla episcopus ostiensis cardinale Rothomagen (Rouen) SRE camerarius (cioè camerlengo del sacro collegio) fecit 1483″.

Madonna con Bambino e Sant’anna, di Andrea Contucci detto Sansovino (1467-1529)
Entriamo ora in chiesa e dirigiamoci al gruppo marmoreo di Andrea Sansovino che avrebbe dovuto far parte di un altare commissionato nel 1510 dal protonotario apostolico, ovvero un prelato col compito di stendere gli atti apostolici, il lussemburghese Johan Goritz, responsabile del programma iconografico della chiesa, altare che per altro avrebbe dovuto racchiudere la sua tomba. Il gruppo marmoreo è collocato in una nicchia ricavata in un pilastro a circa metà della navata centrale sotto un affresco di Raffaello che rappresenta il profeta Isaia.

Madonna con Bambino e Sant’Anna – Andrea Sansovino

Il committente scelse come temi per la realizzazione del “suo” altare quello della genealogia divina e quello della genealogia umana di Gesù. Nel tema della genealogia umana si esalta quella materna, accentuando in questo l’essenza dell’edificio intero come “Chiesa della Madre”, e la figura di Sant’Anna, madre della madre di Gesù, testimone della genealogia umana del figlio di Dio e protettrice del committente. Per quello della genealogia divina fu invece scelto il profeta Isaia il cui libro predice la discendenza divina di Gesù.
L’altare fu smembrato nel Settecento e solo nel 1981 la scultura è stata ricollocata sotto l’affresco di Isaia. Null’altro resta dell’opera originaria.
La scritta in alto, in greco, è il titolo dell’altare dedicato a “Sant’Anna madre della Vergine, alla Vergine madre di Dio, a Gesù il Cristo, da Giovanni Goritz”. Isaia ha in mano il rotolo del suo libro con il versetto: “Aprite le porte al popolo dei credenti”.
Del gruppo delle due madri, Anna sta più in alto e tiene il piede su una cassetta portadocumenti, probabilmente simbolo del mestiere del committente. Con una mano la nonna sostiene, e sembra solleticare tanto è lieve, il piede del bambino. L’altra mano è teneramente appoggiata sulla spalla di Maria. Il volto, raggrinzito dall’età, si schiude in un dolcissimo sorriso. E’ da notare la levità del drappeggio del vestito e le pieghe che si dipartono dal bottone sotto il collo. La leggiadria dei movimenti è accentuata dal disallineamento dei piedi: il destro è più indietro e quasi nascosto mentre il sinistro sporge dalla scatola, dando movimento a tutta l’opera.
La Madonna ha la stessa levità della madre; si differenzia nello sguardo, più ieratico.

Madonna con Bambino e Sant’Anna (particolare) – Andrea Sansovino

Come esempio di leggerezza si guardi la mano destra che sostiene il bambino come fosse una piuma, evitando di premere sulle carni come succede in altre sculture classiche o barocche. Il bambino pare giocare e scherzare e tiene un cardellino con le ali spiegate con la sinistra, simbolo della passione, che potrebbe essere anche una citazione raffaellesca della madonna col cardellino.
Il gruppo marmoreo ebbe grande successo già presso i contemporanei, tanto che il Vasari scrisse: “Non si può tanto lodare quest’opera che basti”.

Madonna del Parto, di Jacopo Tatti detto Sansovino (1486-1570)
Appena quattro anni dopo la prima, nel 1516, completata nel 1521, fu commissionata un’altra Madonna con Bambino, da destinarsi alla medesima chiesa, a Jacopo Tatti allievo di Andrea Contucci, nella cui bottega il Tatti iniziò a lavorare nel 1506 e dal quale prese anche il soprannome di Sansovino.

Madonna del Parto – Jacopo Tatti detto Sansovino

Ma ad eccezione del soprannome il Tatti sembra aver preso davvero poco dal suo maestro, tanto che per decenni la Madonna del Parto fu considerata dal popolo una statua di epoca romana. La voce popolare aveva attribuito al gruppo marmoreo anche il soggetto. Tanto esso appariva classicheggiante nei modi e nelle fattezze che la Madonna infatti veniva interpretata come Agrippina con in braccio il figlio Nerone. Quel che è certo è che Sansovino non potè ispirarsi alla cosiddetta Tellus dell’ Ara Pacis, alla quale la sua Madonna tanto assomiglia, perché agli inizi del Cinquecento, quando egli lavorò alla scultura, la Tellus era probabilmente ancora nascosta nelle viscere della terra.
Quel che è certo è che Jacopo Sansovino scelse di non ispirarsi alla Madonna realizzata dal suo maestro e collocata a pochi passi dalla sua, e prese invece a modello qualche scultura o qualche bassorilievo di epoca romana, vista la rassomiglianza della sua Madonna con l’iconografia classica. Comunque sia questa nuova Madonna fu commissionata dagli eredi del mercante fiorentino Giovanni Francesco Martelli per l’altare posto sotto il loro patronato, ma, a differenza della Madonna precedente, e vedremo anche della successiva, della committenza qui non è possibile rintracciare alcuna specifica richiesta ad eccezione degli stemmi di famiglia collocati sulla base delle colonne.
La Madonna del Parto è un’immagine possente, che pare dialogare più con l’Isaia di Raffaello che con la scultura di Andrea Contucci, tanto è imponente la figura, marcato il panneggio, statica la postura.

Isaia (particolare) – Raffaello

La Madonna con la destra tiene un libro di cui l’indice pone il segno, ad indicare la certa discendenza divina del Bambino del quale però la postura e la possanza richiamano l’evidenza della carnalità. Anche in questo caso, seppur in modo molto poco evidente, la destra di Gesù tiene un cardellino simbolo di passione: la discendenza divina e la discendenza umana di Gesù sono quindi i temi ripresi anche da Jacopo Sansovino, e il tema dell’opera finisce con il ricollegarsi al tema caratterizzante tutta la chiesa.
D’altra parte questi sono temi fondamentali poiché questi sono proprio negli anni in cui Lutero, monaco agostiniano, elabora le sue tesi da cui gli Agostiniani romani prendono da subito le distanze.
La storia della statua cambia totalmente a partire dal 1820 quando Leonardo Bracci, un giovane operaio, si rivolse a questa Madonna per chiedere la grazia di un parto sano per la propria moglie, coinvolgendo il cappellano nell’opera di tenere sempre un cero acceso di fronte alla statua. La notizia del parto sano per grazia ricevuta si diffuse in tutta la città, stabilendo così una tradizione che arriva fino ai giorni nostri, come è testimoniato dai numerosissimi ex voto che le vengono portati in dono.
D’altra parte la tradizione delle partorienti che chiedono grazie alla Madonna o ad una divinità è una tradizione antichissima e a Roma da sempre legata al Campo Marzio in cui avevano sede i templi di Giunone, protettrice delle nuove vite. Basti pensare che poco distante dall’attuale chiesa di sant’Agostino fin dall’antichità c’era una fonte dedicata a Giunone Lucina, meta delle partorienti. La fonte fu inglobata nella chiesa di San Lorenzo in Lucina, segnalata ancora oggi dalla Madonna della Sanità. L’immagine si trova ancora in quella chiesa mentre la fonte fu chiusa. Così le partorienti che si recavano alla fonte, ovvero alla Madonna in San Lorenzo a chiedere le grazie, si sono viste costrette a venire qui, alla chiesa di Sant’Agostino e rivolgere le proprie preghiere alla Madonna del Parto.

Madonna del Parto con ex voto – Jacopo Tatti detto Sansovino

Nel 1863 fu costituita la Confraternita delle Madri e delle Spose sotto la protezione della Madonna del Parto e di Santa Monica, così la chiesa di Sant’Agostino fu ufficialmente legata al tema della madre.
Da due secoli la Madonna del Parto, festeggiata il 22 ottobre, è meta di pellegrinaggi e ai lati dell’altare possiamo vedere i fiocchi rosa e azzurri lasciati “per grazia ricevuta”. L’usanza di portare ori, monili alla Madonna in segno di ringraziamento si diffuse subito a partire dal 1820 e dovette travalicare immediatamente per quantità e ricchezza usanze e tradizioni, tanto da far sbottare il Belli che si sentì in dovere di stigmatizzare l’usanza con un sonetto intitolato “La Madonna Tanta Miracolosa”.
Il sonetto si chiude con un verso che può suonare offensivo: “Nun è ppiù una Madonna: è una puttana”.
Ma l’ultima parola non deve apparire fuori luogo. Bisogna infatti ricordare che questa chiesa era famosa fin dalle sue origini in tutta a Roma per essere la chiesa dove si recavano a messa le cortigiane che avevano anche delle panche riservate ai primi posti, in modo da non far distrarre gli altri fedeli. Non parrà curioso allora che insieme alle venerate spoglie di santi e cardinali nella chiesa vi giacessero anche le salme di famose cortigiane, che così potevano distinguersi dalle prostitute di basso ceto che invece venivano sepolte nella zona del Muro Torto. Nella chiesa di Sant’Agostino trovarono sepoltura Fiammetta, amante preferita di Cesare Borgia, Giulia Campana, la famosa Tullia d’Aragona e la sorella Penelope, Beatrice Ferrarese, famosa cortigiana di alto bordo.

La Fornarina – Raffaello

La Fornarina di Raffaello, in una lettera a Lorenzo de’ Medici, racconta di come insieme alle sue colleghe si recasse, durante la Settimana Santa, ad ascoltare la predica nella chiesa di Sant’Agostino: “Mezzo contrita, mi confessai dal predicatore nostro di Sant’Agostino; dico nostro, perché quante prostitute siamo in Roma, tutte veniamo alla sua predica, ond’esso, vedendosi sì notabile audentia, ad altro non attende se non a volerne convertir tutte. Oh, dura impresa!”
Altra testimonianza di questa tradizione è il fatto che i monaci agostiniani spesso fornirono, come gesto di carità, la dote a quelle cortigiane che avessero mostrato intenzione di voler cambiare vita e di volersi sposare.
Abbiamo citato i nomi di cortigiane famose ai tempi di queste prime due Madonne. Qualche decennio più tardi probabilmente fra le frequentatrici di questa chiesa ci fu anche un’altra famosa cortigiana, Maddalena Antognetti, detta Lena, amante di diversi alti prelati e anche di Caravaggio che la utilizzò come modella per la Madonna di Loreto, per la Madonna dei Palafrenieri e per la Maddalena.

Madonna dei Pellegrini, di Caravaggio (1571-1610)
Giungiamo così alla terza Madonna, la più famosa di tutte.

Madonna dei Pellegrini – Caravaggio

Questa Madonna non è di pietra anche se per certi versi è la più solida di tutte e quella che più di tutte coinvolge nello spazio il visitatore. Si tratta di una grande tela d’altare: la Madonna dei Pellegrini di Caravaggio. La committenza anche in questo caso ha una grande importanza, innanzitutto perché in essa è contenuta la descrizione del quadro.
A commissionare il quadro nel suo testamento fu il funzionario pontificio Ermete Cavalletti, membro dell’arciconfraternita della Trinità dei Pellegrini, che si era recato in pellegrinaggio a Loreto nel 1602 poco prima di fare testamento e lasciare disposizioni per la cappella, poi fatta erigere dalla moglie dopo la sua morte. Tema della pala è dunque la Madonna di Loreto, commissionata da un pellegrino romano a Loreto.
Caravaggio prende questa scena, cancella i chilometri che separano Roma da Loreto e porta la Madonna qui ed ora, hic et nunc. Ma Caravaggio fa di più: non è infatti un quadro che si avvicina a noi, come poteva essere la statua di Andrea Sansovino; ma il soggetto trattato con la potenza di Caravaggio ci agguanta e ci porta dentro la tela.
Caravaggio con la Madonna dei Pellegrini non narra una storia, ma il coinvolgimento di chi guarda il quadro nell’attimo della sua storia. I mattoni della povera casa di Loreto, la Madonna che si fa incontro sull’uscio con il Bambino in braccio è una donna che incontriamo sulla prima panca a messa in questa chiesa, lo stipite è uno stipite che esiste ancora oggi qui a due passi, in via della Pallacorda, i pellegrini con piedi sporchi e la cuffia sdrucita sono gli stessi contadini che giungono a Roma in pellegrinaggio dalle terre a Nord di Roma e transitano nella strada qui davanti alla chiesa…

Madonna dei Pellegrini (particolare) – Caravaggio

“Da’ popolani ne fu fatto estremo schiamazzo”, scrisse il biografo Giovanni Baglione.
Lo si è riferito alla figura di Lena e al suo mestiere, al bambino riconosciuto nel suo figlio illegittimo, ai piedi sporchi. Ma lo schiamazzo è per ciascuna e per tutte queste cose insieme, ma anche per molto, molto di più. Appena esposto se ne parla come fosse un fatto di cronaca, perché descrive un fatto di cronaca. Tomaso Montanari, nel suo libro Il Barocco, scrive che “oggi questo quadro ci appare come una svolta fondamentale nella strategia di coinvolgimento emotivo dello spettatore, vale a dire nella genesi stessa dell’arte barocca”.
L’artista barocco doveva aver visto le due sculture che stavano lì da poco meno di un secolo e da ciascuna prese qualcosa. Da quella di Jacopo Tatti riprese le torniture dei corpi, da Andrea Contucci le morbide rotondità del bambinello e la levità della mano della Madonna sulle sue carni. A entrambi i modelli di suo aggiunse le suppliche di popolani pellegrini con i piedi impregnati della terra del Campo Marzio, terra calpestata con devozione per millenni da supplici popolani. Questo quadro è la dimostrazione vivente di un’altra cosa che dice il Montanari: “il Barocco si rifà direttamente al Rinascimento, saltando il Manierismo”.
Se c’è una costante in queste Madonne è che tutte sottolineano la qualità di madre premurosa, in quella di Tatti una qualità che è addirittura raddoppiata: con la presenza nella stessa opera di due madri entrambe dotate di santa prolificità, la Madonna e la madre di lei, Sant’Anna.
E ci confermano di essere nella Chiesa della Madre.

Roma, 10 gennaio 2017


Nessun commento

No comments yet.

RSS feed for comments on this post. TrackBack URL

Sorry, the comment form is closed at this time.