L’evoluzione del mosaico romano

Santa Pudenziana, Santa Maria Maggiore, Santa Prassede: in queste tre antichissime basiliche si racconta l’affascinante storia del mosaico tardo antico a Roma.

Santa Prudenziana

Santa Prudenziana

Santa Pudenziana, sorta secondo la tradizione sul luogo della casa del senatore Pudente ove sarebbe stato ospite san Pietro, fu edificata tra la fine del IV secolo e i primi del secolo V e dedicata a Pudenziana, figlia di Pudente e sorella di Prassede.
Rifatta da papa Adriano (772-795) e in seguito restaurata sotto i pontificati di Gregorio VII (1073-1085) prima e di Innocenzo III (1198-1216) poi, subì l’ultimo importante rimaneggiamento nel 1580, a opera di Francesco da Volterra.
Anche se in buona parte mutilato dalle trasformazioni cinquecentesche, qui rifulge dalla calotta dell’abside un mosaico della fine del IV secolo che si impone per i suoi caratteri tardo-classici. Si tratta, insieme con i mosaici di Santa Costanza, della testimonianza più antica e splendida dell’arte musiva cristiana nella sua forma romana più autentica, prima delle contaminazioni bizantine.

Santa Maria Maggiore, una delle quattro basiliche maggiori patriarcali (insieme a San

Santa Maria Maggiore

Santa Maria Maggiore – Abside

Giovanni in Laterano, San Pietro e San Paolo fuori le Mura) è detta anche  Liberiana per la sua identificazione con la chiesetta che papa Liberio innalzò a metà del secolo IV, a seguito di una visione che trovò conferma in una prodigiosa nevicata estiva. Per questo motivo, la basilica porta anche il nome di Chiesa della Madonna della Neve. A trasformare la chiesetta in basilica fu papa Sisto III per celebrare le conclusioni raggiunte dal Concilio di Nicea (431) che aveva proclamato Maria «Madre di Dio»: il soave oggetto di questa consacrazione venne perseguito soprattutto nella parte decorativa della basilica che spicca fra tutti gli altri edifici sacri di Roma per splendore e  finezza, e per il sereno equilibrio che la contraddistingue. La caratteristica essenziale di Santa Maria Maggiore è rappresentata per l’appunto dalla decorazione mosaicale, notevolissima non solo per abbondanza e qualità, ma anche per la compresenza di opere risalenti a epoche diverse. La basilica liberiana, risplendente di mosaici, risulta infatti un compendio delle fasi più significative di tale arte, in quanto l’ampliamento del presbiterio realizzato da Nicolò IV nel XIII secolo comportò la distruzione della originaria decorazione dell’abside e la realizzazione di nuovi mosaici: un’eccezionale testimonianza di arte romano-bizantina sul finire dell’Impero ed ancora classicheggiante.

Santa Maria Maggiore - Arcone dell'abside

Santa Maria Maggiore – Arcone dell’abside

mosaici dell’abside, portati a termine nel 1295 da Jacopo Torriti, rappresentano scene della vita della Vergine, nei riquadri delle finestre, e la Incoronazione della Vergine per mano di Gesù nel medaglione centrale. Nel XVIII secolo, quando si realizzò la loggia papale, i mosaici della facciata, anch’essi realizzati alla fine del XIII secolo dal più coloristico Filippo Rosuti, furono salvati e inseriti nella struttura di rivestimento: oggi, specie nella suggestiva illuminazione serale, appaiono come un arazzo prezioso sul fondo dell’architettura settecentesca.
Santa Prassede è una straordinaria testimonianza dell’«ecclesia» romana dell’alto medioevo. Pur rimaneggiata, la basilica conserva il suo splendore di linee e di colori: mosaici del secolo IX, pitture del XVI, cassettoni policromi del soffitto, bellissimo pavimento rifatto alla maniera dei Cosmati. Secondo tradizione, qui la martire Prassede, sorella di Pudenziana, raccolse le spoglie dei martiri. A tal proposito, da notare la rota di porfido rosso presso l’ingresso che ricopre un pozzo antico, all’interno del quale Prassede raccoglieva il sangue e i resti dei caduti per la fede.

Santa Prassede - Arcone ed abisde

Santa Prassede – Arcone ed abisde

La chiesa come la vediamo oggi venne ricostruita nell’822 da papa Pasquale I  in occasione della traslazione dei resti di duemila martiri provenienti dalle Catacombe, probabilmente su un antico titulus costituito da papa Pio (140-155). L’interno conserva sostanzialmente la foggia della chiesa del secolo IX con l’arcone trionfale e l’abside luccicante di mosaici: gli apostoli Pietro e Paolo presentano le due sorelle Pudenziana e Prassede a Cristo dominante al centro, mentre Pasquale I offre il modellino della chiesa.

Ma il nucleo più emozionante dell’intero edificio è la Cappella di San Zenone, eretta da Pasquale a metà della navata destra come mausoleo della madre Teodora: considerata la più significativa testimonianza rimasta a Roma della cultura artistica bizantina, è un eccezionale documento della lunga fase del predominio politico e culturale dell’Oriente. Introduce alla cappella un arco con decorazione musiva cui si sovrappongono due colonne di granito nero sorreggenti un meraviglioso architrave.

Cappella di San Zenone

Cappella di San Zenone

L’interno è degno del nome «Paradiso» con cui è nota la cappella. Idealmente poggiando su quattro colonne negli angoli del piccolo vano quadrato, quattro angeli in mosaico con le braccia alzate reggono al centro della volta tutta d’oro un tondo con il busto di Cristo.

 


Nessun commento

No comments yet.

RSS feed for comments on this post. TrackBack URL

Sorry, the comment form is closed at this time.