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  1. La Crypta Balbi. Una macchina del tempo nel cuore di Roma

    La Crypta Balbi, uno dei quattro poli del Museo Nazionale Romano, è senza alcun dubbio uno dei siti archeologici più affascinanti di Roma: solo qui, probabilmente, è possibile seguire l’evoluzione di uno spazio urbano, in termini di insediamenti e di destinazioni d’uso, su un arco di tempo che va dal I secolo avanti Cristo all’epoca contemporanea.
    Il sito è inoltre allestito ponendo particolare attenzione a tutti quei ritrovamenti che documentano attività artigianali che furono condotte in questo luogo tra la caduta dell’Impero romano e l’Alto Medioevo, con particolare riguardo per i secoli che stanno tra il VII e il X dopo Cristo.
    Il complesso archeologico deve il suo nome a Lucio Cornelio Balbo, di origini spagnole, appartenente alla gens Cornelia, pensatore, letterato e uomo politico, amico di Augusto, in qualità di proconsole d’Africa intraprese numerose campagne militari che portarono alla sua vittoria sui Garamati, un popolo della Libia sahariana.
    Fu il primo cittadino non nato a Roma e l’ultimo non appartenente alla famiglia imperiale a ricevre l’onore di un trionfo nel Foro Romano proprio per questa vittoria.
    Con le ricchezze accumulate anche grazie a questa vittoria iniziò la costruzione del suo Teatro nel 19 avanti Cristo, in pietra. Il teatro Balbo terminato nel 19 avanti Cristo poteva contenere 7700 spettatori. Quando fu inaugurato, il Tevere aveva appena straripato, e, per questo motivo, gli spettatori lo raggiunsero in barca. Era il terzo teatro a Roma per dimensione dopo quello di Pompeo e di Marcello e venne distrutto in un incendio intorno all’80 dopo Cristo.
    Accanto al teatro fu costruita la Crypta, ovvero un ampio quadrilatero porticato che racchiudeva un giardino decorato con nicchie che ospitavano statue e con un pavimento a mosaico.
    Nell’area insisteva anche il lato meridionale della Porticus Minucia, una struttura quadrangolare che racchiudeva i templi dell’area sacra di Piazza Argentina.
    Di fatto nell’area insistevano due Porticus, quella che cade nell’area della Crypta Balbi è la Porticus Minucia Frumentaria, ovvero quella dove avvenivano le elargizioni di frumento alla popolazione e che all’epoca di Claudio divenne il centro amministrativo di controllo e di effettiva distribuzione del grano alla plebe.
    L’identificazione del sito dove cadeva la Porticus è stata fatta in base ad un frammento della Forma Urbis severiana.
    Il Porticus Minucia si estendeva a comprendere anche il tempio delle Ninfe i cui resti sono visibili lungo la Via delle Botteghe Oscure proprio di fronte all’ingresso della Crypta Balbi, tempio distrutto anch’esso durante l’incendio dell’80 dopo Cristo.
    Dopo l’incendio dell’80 dopo Cristo le nicchie esterne della Crypta furono tamponate e tra queste e la Porticus fu costruita una cisterna alimentata da una diramazione dell’acquedotto dell’Aqua Virgo.
    Non è possibile descrivere le numerose trasformazioni che l’area subisce, ma tra queste in epoca medievale il portico settentrionale della Crypta fu trasformato in una strada sulla quale si affacciavano botteghe e abitazioni di artigiani. Vista la scarsa illuminazione dei locali, perché essi erano stati ricavati negli archi di quello che si pensava potesse essere stato l’antico Circo Flaminio, il luogo era indicato con il toponimo ad apothecas oscuras, ovvero “presso le botteghe oscure”, toponimo che resta ancora oggi in Via delle Botteghe Oscure, che a partire dal XIII secolo sarà una via conosciuta per la concentrazione di mercanti di panni, tessitori e lavandai, e quale luogo dei tiratoria pannorum, ovvero aree aperte e porticate dove venivano stesi i panni.
    Il sito archeologico fu portato alla luce intorno al 1940 quando si decise di demolire un grande edificio del 1500 per costruirne uno nuovo. Lo scoppio della II Guerra Mondiale bloccò il progetto, e al termine della guerra i nuovi vincoli archeologici consentirono la destinazione del sito allo studio e alla sua valorizzazione.
    Si è potuto così comprendere che intorno al V secolo il Teatro di Balbo e la relativa Crypta furono abbandonati e il sito fu utilizzato prevalentemente per sepolture e deposito di rifiuti.
    In età Medievale in quest’area finirono con l’insistere sue chiese: San Lorenzo in Pallacinis, costruita in corrispondenza delle insulae esterne alla Crypta e Santa Maria Domine Rosae, che occupava la parte centrale del giardino porticato.
    Sempre in età medievale l’area che in epoca adrianea fu una latrina monumentale è occupata da una calcara, ovvero un forno utilizzato in epoca medievale per la preparazione della calce a partire dal marmo, e da un’osteria, impiantata nel vano della cisterna dell’acquedotto dell’Aqua Virgo, di cui si identificano con chiarezza la cucina e il bancone in marmo, proveniente da un altro monumento.
    Alla fine dell’Alto Medioevo la chiesa di Santa Maria Domine Rosae entra a far parte di un complesso fortificato che nasce dall’unificazione di varie strutture dell’area, conosciuto come “Castellum” o “Castrum aureum”.
    Durante il Basso Medioevo l’area conosce una certa rinascita con la costruzione di un gruppo di case nobiliari e soprattutto la costruzione della chiesa di Santa Caterina della Rosa, in epoca rinascimentale, sulle rovine del monastero di Santa Maria Domine Rosae, di cui arrivano fino a noi bellissimi affreschi.
    Poiché lo studio dell’area è in continuo divenire, recentemente sono stati individuati un ambiente adibito a fullonica, ovvero lavanderia, dove gli operai, attraverso un sistema di immersione dei capi di vestiario nell’urina e poi di risciacquo in varie vasche, ne ottenevano la sbiancatura; un sacello per il culto delle divinità greche ed orientali tra cui Iside, Artemide, Meleagro e Dioniso, ed un mitreo risalente al III secolo che a partire dal V secolo venne distrutto ed utilizzato come stalla.
    L’area è stata poi un importante bacino di ritrovamento di tesori di arte tardo – bizantina e medievale che hanno contribuito alla comprensione di alcuni aspetti della vita della Roma medievale.
    Si può ancora ricordare che anche in questa area della città aleggia in qualche misura lo spirito di Carlo Magno. Sono venute alla luce infatti testimonianze e reperti che raccontano anche qui la Roma carolingia, come l’unica strada di questa epoca storica ancora visibile che attraversava il Foro.
    L’area archeologica è stata oggetto di una ristrutturazione minuziosa e rispettosa dei reperti che contemporaneamente permettesse la migliore fruizione e comprensione dell’area. Per questo motivo il sito si compone di tre ambiti principali:
    – quello del museo vero e proprio ospitato nell’edificio chef a angolo tra Via Caetani e via delle Botteghe Oscure;
    – quello dei sotterranei dove, da una passerella in acciaio, è possibile ammirare i resti della Porticus Minucia, stratificazioni stradali romane, medievali e rinascimentali;
    – quello esterno che porta all’antica esedra del teatro romano e al mitreo che si raggiunge percorrendo una passerella in acciaio che sovrasta i resti di Santa Maria Domine Rosae.