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  1. Ponte e Parione. Roma tra Medioevo e Rinascimento

    I rioni Ponte e Parione sono aree della città dove l’eredità medievale, quella rinascimentale e la barocca sono ancora chiaramente visibili.

    Simbolo del Rione Ponte.

    Il rione Ponte era, in origine, una distesa di paludi, come ricorda anche Ovidio nei Fasti, un luogo misterioso, sibillino e «gonfio di agguati». E’ forse per questa caratteristica che gli antichi, nei pressi dei luoghi oggi occupati dal ponte Vittorio Emanuele II, collocarono il Tarentum, ovvero il Santuario di Dite, ovvero Plutone, dio degli Inferi, e Proserpina, il cui altare sotterraneo veniva dissepolto in occasione di ogni cerimonia. Un altro ricordo archeologico fu scoperto nel 1890 dal Lanciani lungo le rive del Tevere all’altezza di Tor di Nona: gli avanzi di un poderoso molo da sbarco per i marmi che servivano ai monumenti del Campo Marzio. Tra le memorie archeologiche del rione vince in bellezza il Ponte Elio che peraltro ne è il simbolo.
    Papa Sisto IV Della Rovere fu il primo restauratore del rione: fece selciare tutte le vie e, nel gennaio del 1480, ripulì la zona di ponte Sant’Angelo da tutti i tuguri fatiscenti. Molti furono i personaggi noti che vissero nel rione: da Benvenuto Cellini, nel 1519, al genio del Borromini nel 1615, dal Maderno a messer Agostino Chigi. Ponte fu nominato V rione di Roma il 18 maggio 1743, con chirografo di papa Benedetto XIV.
    Nei primi anni del Novecento il piano regolatore della “nuova” Roma operò nel rione vari sventramenti che inflissero vaste ferite all’antico tessuto urbano. Ciononostante Ponte ha conservato il suo tipico aspetto con i rettilinei rinascimentali convergenti verso ponte Sant’Angelo, riuscendo a mantenere un perfetto equilibrio tra passato e presente.

    Resti del Ponte Elio durante i lavori dopo l’Unità d’Italia.

    Il nome Parione, invece, viene dal latino paries, muro, col significato di “muraglione”: si riferisce ai resti di qualche antica struttura mai identificata. Nel Medioevo questa era l’ottava regione, chiamata Regio Parionis et Sancti Laurentii in Damaso dall’anzidetto muro e dalla chiesa di San Lorenzo in Damaso, fondata nel IV secolo e che ora si trova accanto al Palazzo della Cancelleria. È un rione dalla forma vagamente triangolare, i cui lati corrispondono ai tre rioni confinanti, Ponte, Regola e Sant’Eustachio, e occupa la parte centrale dell’antico Campus Martius, dove sorgevano tre importanti strutture: lo stadio di Domiziano, l’Odeon, un piccolo teatro per eventi musicali, voluto dallo stesso imperatore, e il teatro di Pompeo. Nella sua parte meridionale, come pure nel vicino rione Regola, molte strade hanno mantenuto il nome delle antiche attività commerciali che un tempo vi si concentravano, quali via dei Cappellari, via dei Baullari, via dei Giubbonari, vicolo dei Chiodaroli, piazza Pollarola, largo dei Librari, via dei Chiavari, e così via.
    La visita ai rioni Parione e Ponte, e ovviamente alla parte del Campo Marzio che li contiene entrambi, vuol riportare in vita la quotidianità dei vicoli che innervano questa porzione di Roma. Qui, antico, medioevo, rinascimento, barocco si incontrano restituendo uno scenario affascinante. Proprio nei vicoli, molto più che nelle grandi piazze, si riesce a comprendere il modus vivendi delle città medievale e di quella rinascimentale e poi barocca. Una città che subisce, nel Medioevo, trasformazioni tali da modificare completamente il suo volto. Nell’antichità la vita a Roma, infatti, si era sviluppata soprattutto sulle zone collinari in cui l’aria era salubre. I colli Pincio, Viminale, Esquilino, Oppio, Celio e, al di là del Tevere, il Gianicolo erano punteggiati da grandi dimore private. La zona monumentale occupava la pianura compresa nell’ansa del fiume giungendo a Est fino al Colosseo e inglobando i colli da cui aveva preso avvio lo sviluppo della città, il Campidoglio e il Palatino; infine, i caseggiati delle classi medie e inferiori utilizzavano le aree residue interposte tra le due zone precedenti, seguendo in genere le depressioni delle colline e risalendo fino ad una certa altezza le loro pendici.
    Nella Roma medievale, invece, le zone collinari persero d’importanza e l’abitato si spostò verso l’antica zona monumentale, l’insalubre città bassa adiacente al Tevere.
    Il Tevere fu il protagonista dello sviluppo urbano di Roma, quantunque rappresentasse anche un pericolo: due o tre volte ogni secolo, di solito a intervalli di trenta o quarant’anni, ma in qualche caso a distanza di due o tre anni, esso inondava la città in corrispondenza dell’ansa principale, com’era già accaduto nell’antichità. Nel dicembre del 1277 l’altar maggiore del Pantheon fu sommerso per più di un metro.

    Malgrado ciò, per tutto il Medioevo, il Tevere costituì l’arteria vitale di Roma. Quando il tessuto urbano si fece più continuo, l’insediamento si estese verso la zona monumentale di Campo Marzio, racchiusa dalla grande ansa del fiume. Oltre ad essere la principale via di comunicazione col mondo esterno, il Tevere separava e al tempo stesso collegava le due parti della città situate sulle opposte rive. Degli antichi ponti romani ne erano rimasti quattro: più a nord di tutti il ponte Sant’Angelo, unico passaggio per la basilica di San Pietro.
    Oltre ad essere di primaria importanza per l’approvvigionamento di Roma, il Tevere era fonte di acqua potabile; l’abitare presso il fiume era un vantaggio, perché consentiva di fare a meno dei pozzi, che spesso in estate si esaurivano. Inoltre il fiume era ricco di pesce, e a partire dal X secolo risulta che i monasteri affittavano o cedevano i diritti di pesca sulle rive del fiume.
    E degli antichi monumenti che ne era stato? La maggior parte di essi, in età medievale, era semplicemente ignorata; altri erano inglobati nella città medievale e adoperati per scopi utilitari. Ma la maggioranza delle antichità era in rovina. Le sostruzioni e le mura dirute dello stadio di Domiziano non ancora ricoperte dai palazzi, dalle case e dalle chiese che circondano l’attuale piazza Navona, accoglieva solo piccoli oratori e forse qualche abitazione; la grande distesa della piazza rimase inutilizzata fino al Quattrocento e solo nel XVII secolo, dopo la costruzione della chiesa di Sant’Agnese in Agone, del palazzo Pamphilj e della fontana dei Fiumi essa si trasformò nel grandioso ambiente monumentale che oggi vediamo.
    A Est di piazza Navona i resti delle terme Alessandrine erano anch’essi occupati da abitazioni e da piccole cappelle, e così pure le terme di Agrippa e la zona dei templi di Largo Argentina, situate a Sud del Pantheon. Il teatro di Pompeo era, come oggi, completamente inglobato nel tessuto edilizio.

    Santa Maria in Via Lata – Giuseppe Vasi.

    I limiti entro cui si formò gradualmente la città medievale, tuttavia, sono segnati da due grandi assi dell’antica Roma: verso Est la via Lata, l’attuale via del Corso, correndo in rettilineo da Piazza del Popolo alla pendice settentrionale del colle Capitolino, segnava un confine che nel Medioevo non fu quasi mai oltrepassato dall’espansione edilizia. Ai piedi del Campidoglio, la via Lata piegava leggermente a Est, dividendosi poi in due rami, uno dei quali attraversava il Foro mentre l’altro, costeggiando la pendice sud-orientale del colle, si dirigeva verso Santa Maria in Cosmedin e collegava la città a Trastevere attraverso il ponte Rotto.
    Analogamente, a Nord l’area urbana era delimitata dall’antica via Recta, oggi via dei Coronari, e dal suo proseguimento verso Est. Dopo aver attraversato il rettifilo da Ovest ad Est l’antico Campo Marzio, la via Recta sboccava sul Corso a piazza Colonna in corrispondenza della colonna di Marc’Aurelio.
    In conclusione, il sistema viario medievale ereditato dall’età antica, era diretto essenzialmente da Est a Ovest e faceva capo a tre punti: il ponte Sant’Angelo, da cui si accedeva alla Città Leonina e a San Pietro; il teatro di Marcello, coi ponti d’accesso all’Isola Tiberina e a Trastevere; e l’estremità meridionale del Corso, ai piedi della pendice settentrionale del colle Capitolino.
    I grandi santuari cristiani, situati fuori dell’abitato, ebbero un ruolo determinante per l’aspetto e la forma e l’aspetto della città medievale e rinascimentale: nonostante la loro lontananza dalla zona edificata, il Vaticano e il Laterano divennero due capisaldi del sistema viario medievale e delle epoche successive.

    San Lorenzo in Damaso – Tempesta 1593.

    Fa da esempio via del Parione, un’arteria in direzione Nord-Ovest che collegava ponte Sant’Angelo con l’estremità meridionale del Corso, nota con questo nome fino al Cinquecento, che, dopo aver raggiunto la parte più settentrionale del Campidoglio, continuava presso il Foro fino al Colosseo e da qui saliva al Celio lungo l’attuale via di San Giovanni, terminando presso la basilica Lateranense e l’adiacente palazzo pontificio. Questa strada rappresentava la via più breve per accedere alla «madre di tutte le chiese», alla residenza papale e agli uffici dell’amministrazione ecclesiastica; e poiché, provenendo da San Pietro, era l’unico collegamento diretto tra i due grandi santuari cristiani, divenne la strada più importante tra quelle che attraversavano l’intera città. Per tutto il Medioevo, via del Parione fu percorsa dalle processioni papali e dai pellegrini: da qui i nomi di via Papae per un lungo tratto dell’attuale via del Governo Vecchio e di via Maior per quella che oggi è via di San Giovanni, tra il Colosseo e il Laterano.

    Roma, 5 giugno 2018

  2. Scipione Borghese: il collezionista incontenibile

    Scipione Borghese, il potente cardinale nepote, dopo aver iniziato, quasi in contemporanea, la realizzazione della villa sul Quirinale, oggi proprietà dei Pallavicini, e della villa sul Pincio, oggi nota come Villa Borghese, abbandona la prima vendendola ai Lante per dedicarsi totalmente alla seconda.

    Uccelliere - Villa Borghese

    Uccelliere – Villa Borghese

    Per fare ciò, in un brevissimo arco di tempo acquista proprietà diverse, diventando proprietario di una vastissima area, oggi di quasi 80 ettari, che in parte andrà ad insistere sugli Horti Luculliani. Appunto agli Horti Luculliani e alle altre ville di “otium” romano si ispira, riproponendone in qualche modo le caratteristiche, la grande villa del cardinale.
    La residenza sul Pincio sarà concepita come un’enorme villa di rappresentanza, dedicata esclusivamente al ristoro di mente e corpo, alla meditazione e al piacere, e forse destinata anche all’attuazione della politica di Paolo V e all’esercizio del potere. Soprattutto, però, sarà il luogo privato dove la complessa personalità di Scipione troverà una delle sue più grandi espressioni.
    Nella villa sul Pincio non ci accoglie più lo Scipione Borghese del Casino dell’Aurora, che si presentava ai suoi ospiti come l’Apollo che governa l’alternarsi del giorno con la notte, che proclamava al mondo intero la sua potenza, ma il raffinato e smodato collezionista di opere d’arte antica e moderna, di fiori, di uccelli, di animali “esotici” e di tutto il “collezionabile” che poteva esistere nel Seicento. Scipione sarà in pratica il primo collezionista in senso moderno, lanciando una moda che prenderà presto piede a Roma.

    I Termini - Pietro e Gian Lorenzo Bernini

    I Termini – Pietro e Gian Lorenzo Bernini

    La realizzazione degli spazi sia interni che esterni della villa fu affidata a Flaminio Ponzio, che però morì prima di riuscire a portare a termine la committenza. Della sistemazione del giardino e dei casini fu allora incaricato Giovanni Vasanzio, affiancato però da altri artisti, tra i più richiesti del Seicento, come Bernini.
    Il cardinale Scipione Borghese non fu un committente passivo, ma pose estrema cura nel definire gli spazi interni del casino nobile. Gli arredi, ad esempio, furono scelti in funzione delle opere stesse e del loro posizionamento, e fu il cardinale stesso a decidere, insieme a Bernini, dove posizionare i gruppi marmorei. Analoga cura dedicò alla definizione degli spazi esterni della villa, da subito concepiti come la prosecuzione all’aperto del casino, che respirano insieme al casino medesimo e che hanno una ragione d’essere proprio in virtù delle opere e delle collezioni che all’interno potevano (e possono) essere ammirate.
    E se le forme del casino ancora risentono del Rinascimento nella loro essenzialità, il giardino resta, nonostante le tante trasformazioni subite nei secoli, uno dei migliori esempi romani di giardino barocco, dove ancora si può riconoscere l’organizzazione in recinti e la separazione tra spazi privati e spazi pubblici.
    Tra gli spazi privati che i restauri hanno restituito al visitatore nella loro forma quasi originaria ci sono i “giardini segreti”, vere e proprie stanze verdi il cui accesso era possibile solo dal casino nobile e dove Scipione aveva la sua collezione di bulbacee, di piante da fiore e di agrumi.

    Platano - Villa Borghese

    Platano – Villa Borghese

    La passeggiata è un’occasione per conoscere la villa barocca, scoprire alcuni aspetti che spesso sfuggono all’attenzione pur essendo in realtà molto evidenti: è il caso della cosiddetta Grotta dei Vini o di alcuni dei maestosi platani piantati per volere di Scipione e che oggi hanno perciò più di 400 anni.
    Ma un giardino che attraversi un arco di tempo così lungo non può rimanere uguale a se stesso. Cambiano i gusti e le mode, e percorrerlo diventa l’occasione per raccontare queste trasformazioni, e passeggiare, per così dire, nella storia.
    D’altra parte Villa Borghese è forse uno dei pochi luoghi a Roma dove il passato, in particolare il Seicento e il Settecento, sposa il presente. Accanto al giardino barocco troviamo infatti il giardino neoclassico, ma anche alcune opere d’arte contemporanea come il monumento ad Umberto I, di Davide Calandra, e quello dell’Umile Eroe, probabilmente l’unico monumento mai dedicato ad un mulo, che oggi è collocato proprio davanti alla casa che fu di Pietro Canonica, lo scultore che lo realizzò nel 1940.

    Monumento ad Umberto I - Davide Calandra

    Monumento ad Umberto I – Davide Calandra

    Agli inizi del Novecento, prima che la villa passasse nella disponibilità dello Stato Italiano, alcune sue parti saranno destinate ad usi diversi. Quella che oggi è la casa del cinema, ad esempio, era una vaccheria, dove era possibile acquistare latte, burro o ricotta freschi, prodotti dal latte delle mucche allevate sui terreni della villa stessa.
    Nel 1911 il principe Borghese, inaugurerà, alla presenza delle più alte cariche dello Stato italiano, il primo nucleo di quello che sarà poi l’attuale Bioparco, lo zoo di Roma.

    Roma, 29 aprile 2018.

  3. San Nicola in Carcere: la chiesa e i tre templi

    L’abbondanza di costruzioni monumentali e di meraviglie archeologiche, che ancora ammiriamo ai piedi

    Ricostruzione degli edifici alle pendici del Campidoglio

    Ricostruzione degli edifici alle pendici del Campidoglio

    del Campidoglio, fa di quest’area una delle più significative per la vita dell’antica Roma. Anzi, per la sua stessa nascita. Cresciuta dentro la cinta quadrata del Palatino e negli altri aggregati sulle colline, Roma trovò proprio in questa zona pianeggiante, distesa lungo gli approdi del fiume, la sua ragion d’essere: grazie allo sviluppo di una primitiva attività commerciale, l’area divenne punto di scambio e di mediazione fra i popoli dell’opposta regione etrusca e quelli che inviavano i loro operatori dalla Campania Felix o dalle montuose terre del centro della penisola. Qui, nel luogo di incontro con gli stranieri, presso il Foro Olitorio e il Foro Boario (che si estendeva nella zona della Bocca della Verità), la Roma repubblicana elevò un magnifico fronte di aree marmoree e di templi con selve di colonne. Brillavano in alto le cuspidi monumentali del Campidoglio.
    La visita inizia dagli imponenti resti del Teatro di Marcello, che mostrano in maniera evidente una realtà comune a tante parti del centro storico di Roma: la stratificazione di successive edificazioni nelle varie epoche.
    Il teatro, iniziato da Cesare, fu compiuto da Augusto tra il 13 e l’11 a.C. e dedicato alla memoria

    Teatro di Marcello

    Teatro di Marcello

    dell’amatissimo Marco Claudio Marcello, nipote e genero prediletto (era infatti figlio della sorella Ottavia e marito di sua figlia Giulia), morto non ancora ventenne nel 23 a.C. e per il quale Virgilio scrisse i suoi famosi versi di rimpianto: «Ohi, ragazzo degno di pianto: se mai rompessi i tuoi fati, tu resterai Marcello. Gettate gigli a piene mani, che io sparga fiori purpurei e colmi l´anima del nipote almeno con questi doni e faccia un inutile regalo» (Eneide, VI, 860 e sgg.). Il monumento, già interrato per qualche metro, con le arcate dell’ordine inferiore occupate da povere botteghe, è stato isolato e sistemato tra il 1926 e il 1932. L’imponente e severo monumento, che non di rado fu preso a modello dagli artisti del Rinascimento, era costituito da due ordini di 41 arcate ciascuno, coronati da un attico; la cavea, che si apriva ove attualmente è il giardino di Palazzo Orsini, poteva contenere circa 15.000 spettatori. Si cominciò a demolirne la scena e il portico annesso per restaurare il ponte Cestio; alla metà del sec. XII la parte rimanente del teatro fu trasformata in fortezza dai Fabi; a questi subentrarono i Savelli, che tra il 1523 e il 1527 vi fecero costruire da Baldassarre Peruzzi i due piani del palazzo, il quale acquistò forma definitiva quando nel 1712 passò agli Orsini.
    Davanti al teatro, su un alto podio, svettano le tre colonne angolari del Tempio di Apollo Sosiano, eretto nel 433 a.C., rifatto nel 179 quando assunse l’appellativo di Apollo Medicus e ricostruito nel 34 a.C. dal console C. Sosius, da cui il nome. Le tre colonne che oggi ammiriamo furono rialzate nel 1940. Accanto ad esse il basamento di un altro tempio, identificato con quello di Bellona, del 296 a.C. Qui il Senato accoglieva il generale vittorioso e ne decideva il trionfo.
    La via del Teatro di Marcello prosegue attraverso i resti dell’antico Foro Olitorio, il mercato degli ortaggi, che si estendeva dalle pendici del Campidoglio al Tevere e dal Teatro di Marcello al Foro Boario.

    San Nicola in Carcere

    San Nicola in Carcere

    Addossata a un modesto rialzo del terreno ove si apre la piazza di Monte Savello, sorge la chiesa di San Nicola in Carcere, eretta sui resti di tre templi, in parte visibili sul lato destro della chiesa e nei muri perimetrali della stessa. I templi erano allineati uno accanto all’altro, come i templi repubblicani di largo Argentina. Il primo a sinistra pare sia da identificare con il Tempio della Speranza, eretto al tempo della prima guerra punica; quello mediano, il maggiore, su cui sorge la chiesa, è stato identificato con Tempio di Giunone Sospita, eretto nel 197 a.C. durante la guerra gallica; il tempio di destra è dedicato a Giano.
    La chiesa di San Nicola in Carcere, nota fin dal sec. XI, è probabilmente più antica e fu una diaconia. Dovette presumibilmente ricadere nella colonia greca della zona, come dicono la sua intitolazione a un santo greco e soprattutto l’appellativo «in carcere», riferito alla prigione che vi sorse in epoca bizantina nell’ VIII secolo.
    Fu largamente rimaneggiata a partire dai lavori fatti eseguire dal cardinale Borgia, poi papa Alessandro VI, successivamente dal cardinale Federico Borromeo e dal cardinale Aldobrandini, il quale, nel 1599 fece

    San Nicola in Carcere con le demolizioni in corso

    San Nicola in Carcere con le demolizioni in corso

    costruire da Giacomo della Porta l’attuale facciata; restaurata e decorata sotto Pio IX nel 1865, fu liberata nel 1932 dai fabbricati che le erano addossati, così da mettere in luce i resti degli antichi templi. A destra della facciata si leva la massiccia torre medievale adattata a campanile. L’interno basilicale, a tre navate divise da 14 colonne (diverse per materiali e dimensioni e che provengono tutte da antichi templi), occupa in larghezza tutta l’area del tempio di Giunone. Le colonne incorporate nei muri laterali appartengono, invece, ai due templi minori. All’inizio della navata destra si ammira l’affresco Trinità e Angeli del Guercino; più avanti una Madonna col Bambino di Antoniazzo Romano.
    Davanti alla chiesa è situata una notevole costruzione medievale, detta Casa dei Pierleoni, che è affiancata da una torre e presenta bifore e trifore. In alto, sulla rupe capitolina, si scorge una caratteristica costruzione con loggia a colonne, di tardo stile neoclassico: è la cosiddetta Rupe Tarpea dalla quale venivano gettati i traditori condannati a morte, che in tal modo venivano simbolicamente espulsi dall’Urbe.
    Tra il Teatro di Marcello, la chiesa di San Nicola in Carcere e la pendice capitolina – corrispondente al Foro Olitorio o delle verdure – si trovava (fino alle demolizioni del 1932) la celebre piazza Montanara.

    Piazza Montanara

    Piazza Montanara

    Il nome veniva da una vecchia famiglia Montanari che possedeva case nella zona, e la notorietà derivava dall’essere il centro di convegno della gente di campagna che, da qui alla Bocca della Verità, aveva il principale luogo di mercato. Vi affluivano – come anche a piazza Farnese – pecorai dell’agro e butteri maremmani, fattori, capocci e vaccari: tutto il complesso mondo della campagna romana con la sua varietà di funzioni e di attribuzioni. Ma, soprattutto nell’Ottocento, convergevano qui anche i montanari d’Abruzzo, i contadini marchigiani, i vignaioli della Romagna e i braccianti in genere, in cerca di ingaggio per i lavori stagionali. A dimostrazione dell’antica vocazione mercantile della Roma alle pendici del Campidoglio.

    Roma, 4 aprile 2018

     

  4. EUR: CIAK SI GIRA!

    Nell’immaginario comune il quartiere dell’EUR è probabilmente l’esempio più evidente di architettura razionalista romana, e contemporaneamente l’immagine della forza politica e dell’innovazione che il fascismo volle dare di sé.

    L'E42 nel 1945 - Foto da Romasparita

    L’E42 nel 1945 – Foto da Romasparita

    In realtà la storia dell’E42 – come fu ufficialmente denominato alla sua nascita il quartiere che sarebbe dovuto sorgere nel 1942 per ospitare l’Esposizione Universale anche in funzione celebrativa della marcia su Roma  – di razionalista, dal punto di vista architettonico, ha molto poco.  Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i lavori, in quella vasta area di aperta campagna, erano appena iniziati e non furono mai portati a termine, così come non sarà mai compiuto nella sua interezza il progetto originario riguardante l’intera area. I pochi edifici ultimati verranno requisiti da ufficiali e soldati nazisti durante l’occupazione di Roma, successivamente sostituiti dagli Alleati che arrivarono con la liberazione. Alcune aree edificate vennero invece occupate dai profughi giuliano – dalmati che all’inizio della guerra erano stati alloggiati dentro Cinecittà, e che all’atto della liberazione si trovarono privati anche di quell’unico riparo che erano stati gli studi cinematografici malamente separati.

    Il Piccone Demolitore - Gaia - Metro San Paolo - Roma

    Il Piccone Demolitore – Gaia – Metro San Paolo – Roma

    Ancora occuparono alcuni edifici anche i tanti senza tetto romani che avevano perduto tutto a seguito dei bombardamenti alleati.
    Alla fine degli anni quaranta le strutture dell’E42 sono già in gran parte fatiscenti, tanto che in molti ne proporranno l’abbattimento. Sarà Alcide de Gasperi, pare su suggerimento di Giulio Andreotti, a decidere nel 1951 la ripresa dei lavori e il completamento del progetto, con le necessarie modifiche. E’ così che l’E42 lascerà il passo al nuovo quartiere che, negli anni sessanta, assumerà ufficialmente il nome di E.U.R. (Esposizione Universale Roma) e poi quello attuale – seppure pochissimo conosciuto e ancor meno utilizzato dai romani – di Quartiere Europa.
    Il nuovo progetto previde il restauro di quanto già costruito e fosse possibile restaurare, l’abbattimento delle strutture troppo degradate e soprattutto l’avvio di un’opera di riconversione avrebbe dovuto rispondere a diverse esigenze: attenuare il carattere “di regime” dell’EUR, renderlo più organico al resto della città e infine dar vita, almeno in certa misura, a un luogo di sperimentazione architettonico-urbanistica.

    Il Padre di Famiglia - Nanni Loy 1967 - Sullo sfondo il Palazzetto dello Sport - Foto da Romasparita.

    Il Padre di Famiglia – Nanni Loy 1967 – Sullo sfondo il Palazzetto dello Sport – Foto da Romasparita.

    È in quest’ottica che nascono per esempio il Palazzo dell’ENI, il Palazzetto dello Sport progettato da Vitellozzi e Nervi, il Palazzo della Democrazia Cristiana di Saverio Muratori e la scelta di destinare vaste aree all’edilizia residenziale cambiando radicalmente il carattere e la fisionomia del quartiere.
    Del progetto originario venne mantenuta la scelta di curare particolarmente il paesaggio e destinare ampi spazi al verde, così che l’EUR ancora oggi ha uno dei più estesi polmoni verdi della città. A completare la realizzazione delle aree verdi fu chiamato Raffaele de Vico, illustre paesaggista già voluto a tutti i costi dal direttore del progetto originario dell’E42, quel Marcello Piacentini che ebbe un così gran peso nell’architettura romana ufficiale del regime e che fu colui che impresse il carattere così fortemente monumentale al nuovo quartiere che molti avevano pensato razionalista.
    Nonostante il carattere monumentale ed autocelebrativo, le architetture bianche in mezzo al nulla, chissà quanto ispirate dalle opere metafisiche di  Giorgio de Chirico, entrarono molto presto nell’immaginario di artisti diversi, registi e non solo, tanto che ogni angolo del quartiere fu scelto, e ancora spesso lo è, come scenografia ideale di film e spot pubblicitari.

    Anita Ekberg - Le Tentazioni del Signor Antonio - Federico Fellini, 1962 - Foto da Romasparita.

    Anita Ekberg – Le Tentazioni del Signor Antonio – Federico Fellini, 1962 – Foto da Romasparita.

    Probabilmente la prima scena girata all’E2/EUR è una scena di Roma città aperta di Roberto Rossellini, ma subito dopo lo seguiranno Luchino Visconti con Bellissima, Elio Petri con La decima vittima, Federico Fellini con Boccaccio ’70, solo per ricordarne alcuni di cui il Titus di Julie Taymor e La grande bellezza di Paolo Sorrentino sono gli esempi tra i più recenti.
    La passeggiata si snoderà tra gli ampi viali dell’E42/EUR, e toccando alcune delle sue bianche architetture sarà l’occasione per raccontare il quartiere anche come set cinematografico, ma non solo. Il quartiere infatti nasconde anche tanta arte decorativa ed applicata: affreschi, mosaici, bassorilievi, mobili. La passeggiata sarà l’occasione anche per disvelare questo aspetto meno conosciuto dell’E42/EUR.

    Roma, 18 febbraio 2018