Quartieri

Il Mandrione: da baraccati a cittadini  

Storia di un riscatto

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Il Mandrione come appariva negli anni sessanta del nocevento

Schiacciata tra la linea ferroviaria e i resti imponenti degli Acquedotti, il Mandrione è una strada conosciuta quasi solo dagli automobilisti che vogliono svicolare velocemente dalle trafficatissime via Tuscolana e via Casilina. Eppure, un occhio più attento potrebbe notare sotto gli archi dell’Acquedotto Felice le tracce di quella che è stata una delle più grandi borgate di Roma, nata subito dopo i bombardamenti del quartiere San Lorenzo del 1943. Gli archi accolsero molti di coloro che erano rimasti senza casa e che proprio lì andarono a costruire le loro baracche.E, come sempre accade nel nostro Paese, quella che doveva essere una soluzione temporanea si concluse, invece, solo nel 1984, quando finalmente le baracche furono abbattute per impedire che altri disperati le occupassero e agli abitanti vennero destinati alloggi degni di questo nome. Nelle baracche, in prevalenza fatte di lamiera, non c’erano il pavimento, né servizi igienici. Le donne andavano a prendere l’acqua alla fontana. Di grande interesse l’inchiesta svolta nell’aprile del 1956 dall’antropologo Franco Cagnetta e dal fotografo Franco Pinna. Supportata dall’editore Giangiacomo Feltrinelli, fu seguita da vicino da importanti personaggi della cultura come Elsa Morante, Goffredo Parise e Pier Paolo Pasolini. Partiva, con la visita al Mandrione, un ampio progetto sulle borgate romane, che si innestava su una ricerca di Giorgio Nataletti e Diego Carpitella sulle usanze coreutico-musicali degli zingari residenti nelle vicinanze della via Casilina. Le danze e le musiche rom furono perciò oggetto di un’analisi integrata, che associava le fotografie di Pinna alle registrazioni sonore.

Una delle foto di Franco Pinna

Una delle foto di Franco Pinna

Il progetto proseguiva con la visita alla zona delle prostitute, verso la via Tuscolana, giungendo fino alle baracche dell’Acquedotto Felice. La documentazione fotografica realizzata da Pinna in questo frangente viene ritenuta fra le più importanti di tutta la fotografia neorealistica. Non solo. Nel corso della nostra visita ricorderemo anche una piccola grande donna: Angelina Linda Zammataro, psicologa e pedagogista, fondatrice del metodo della psicoanimazione. Il suo lavoro, svolto tra la metà degli anni Cinquanta e la fine degli anni Ottanta in particolare nella scuola Giovanni Cagliero al Tuscolano, aveva come fondamento l’interdisciplinarietà delle scienze umanistiche e sociali, con particolare riguardo alla psicologia che, mediante la conoscenza della psiche infantile, conduceva l’azione educativa verso la “realizzazione del sé”: un metodo destinato non solo ai bambini, ma anche ai loro genitori. Con questa modalità la Zammataro riuscì ad “uscire” dalla scuola e ad arrivare alla borgata, coinvolgendo sia gli scolari che le loro famiglie in un processo di crescita e di autostima che determinò effetti concreti in tutta la zona. Primo fra questi, le lotte, soprattutto femminili, che portarono all’assegnazione delle case e al successivo abbattimento, in qualche maniera conservativo, della borgata.

Linda Zammataro sale al Campidoglio con e donne del Mandrione

Linda Zammataro sale al Campidoglio con e donne del Mandrione

Bellissime fotografie raccontano l’entrata orgogliosa della Zammataro, accompagnata dalle donne del Mandrione e dai loro figli, al Campidoglio, per chiedere il sostegno concreto delle autorità cittadine alla riqualificazione della borgata. Effetto di queste lotte fu anche, negli anni successivi, la trasformazione del Mandrione in una zona dalla vivace attività produttiva, dove, affiancati all’acquedotto, si alternavano piccoli impianti industriali, officine e botteghe di artigiani. Oggi il Mandrione mantiene ancora questa caratteristica, anche se gran parte della zona è divenuta nel tempo proprietà della Banca d’Italia che occupa una vasta area con il suo circolo sportivo. Un occhio attento può ancora scorgere, però, sotto gli archi, i resti – volutamente lasciati al momento dell’abbattimento – di quella che fu una lunga pagina della vita della città di Roma.

Roma, 18 marzo 2015

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