Racconto

Massima sicurezza.

Macariolita

E’ davvero un grande piacere ricevere e pubblicare questo racconto breve di Macariolita, socia timidissima di Roma Felix. 

Il percorso del tram che attraversa Roma in diagonale, da Ovest a Nord Est, riassume tutta la città. Trastevere, il Tevere a Ripa Grande, la Piramide Cestia.

San Lorenzo.

Il Circo Massimo, il Colosseo, Laterano. Porta Maggiore e la Tomba del Fornaio, San Lorenzo, il Cimitero del Verano. Policlinico, e poi i quartieri umbertini e i Parioli, fino al capolinea ombroso nei pressi di Villa Borghese.
Il viaggio è lungo e lento, tranquillo per forza, su vetture più o meno nuove che ogni tanto si rompono comunque. I gradini da salire e da scendere non sono agevoli per tutti, eppure spesso si trova una mano che aiuta o una voce possente che grida al conducente di aspettare a ripartire.
Torniamo al cimitero del Verano. All’imbocco della salita, sulla sinistra del piazzale, i binari svoltano e poi si snodano diritti lungo viale Regina Margherita. Qui la massima sicurezza possibile sta nel fissare lo sguardo sulle punte dei cipressi che fuoriescono dai muraglioni, dove tutto è già successo. Una fermata, poche centinaia di metri, e subito dopo l’Istituto Superiore di Sanità bisogna chiudere, o almeno socchiudere, gli occhi, perché sulla destra arriva l’oncologico Regina Elena e poco dopo, sulla sinistra, la clinica pediatrica del Policlinico Umberto I.

Tra i due edifici un gorgo che risucchia dall’ombelico, attacca cuore e cervello, e a poco serve, non consola concentrarsi sul viavai di ragazzi attraverso il cancello di sinistra che porta all’Università degli studi. Solo gli occhi chiusi bloccano i ricordi e appiattiscono la profondità del vortice, mentre il tram sferraglia e le persone ondeggiano. Si crea un vuoto, magari apparente ma a tenuta stagna, che isola da luoghi sofferenti e contaminati. I viaggiatori fanno barriera, se si ha fortuna si può capitare dietro a una persona alta e corpulenta che copre la visuale, e meglio ancora se la persona conversa al cellulare o discute con un compagno di viaggio: la sicurezza aumenta.

Villino Ximenes – Piazza Galeno.

Conquistare un posto a sedere è difficile, ma se capita ci si può garantire un isolamento assoluto. Chiudere gli occhi a San Lorenzo e riaprirli a piazza Quadrata diventa un gioco, una beffa al male, e per un attimo ci si sente un po’ parvenu: dalle case popolari ai palazzi umbertini di solida borghesia in un batter d’occhio. Appartamenti pieni di corridoi come botti di ferro impossibili da scalfire, si sa.
Di solito però bisogna anche oltrepassare in sicurezza la clinica San Domenico e il polo odontoiatrico Eastman. Uno spazio breve, attraversabile a occhi completamente chiusi, se la presa al mancorrente è ben salda e si lascia che il corpo assecondi i movimenti del tram. Il percorso dura poco, piazza Galeno con il mosaico in una loggia e le prime piante è già porto franco, pace ampia, e presto arriveranno villa Savoia e villa Albani, viale Liegi, e poi villa Borghese. Ecco gli alberi, grandi e solidi per la maggior parte, pieni di nidi e di brulichii tra le foglie scure.
A meno di schiantarcisi su, quasi nessuno muore sotto un albero in questa città, in questi anni lontani ormai dal 1943. A piazzale del Verano e a Porta San Paolo, passati il bombardamento e la Resistenza, gli alberi fanno ombra a automobili e chioschi. Qualche foglia può coprire la luce di un semaforo, ma basta saperci guardare attraverso.

Roma, 29 maggio 2018


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