Quartiere della Garbatella

Della Garbatella si potrebbe parlare per ore. Quartiere romano fin dentro le ossa, se ne innamorò addirittura il Mahatma Gandhi che, di ritorno da Londra per perorare la causa dell’indipendenza indiana, fece tappa a Roma. E, assillato dagli enormi problemi di sovrappopolazione dell’India, espresse il desiderio di vedere con i propri occhi il quartiere di cui tutto il mondo parlava, per via dello straordinario esperimento di edilizia popolare realizzato per le famiglie operaie della città.

Il luogo vantava una storia possente: l’antico abitato si era formato sui colli di rocce tufacee che dominavano l’area occupata dalla basilica di San Paolo fuori le Mura, in una zona semidisabitata, coperta di vigne e pascoli di pecore. Già dal Medioevo, lungo via delle Sette Chiese, i pellegrini raggiungevano le basiliche romane: una devozione che tornerà in auge soprattutto nel XVI secolo grazie a Filippo Neri e ai suoi ragazzi dell’Oratorio. Ma è agli inizi del XX secolo che il quartiere conoscerà il suo momento più entusiasmate: il 18 febbraio del 1920 re Vittorio Emanuele III pose la prima pietra del futuro quartiere a piazza Benedetto Brin, punto di partenza di una vera e propria rivoluzione urbanistica. Da lì a poco sarebbe sorto un quartiere diviso in lotti,  ben collegato al cuore di Roma, abitato da operai che avrebbero potuto disporre di spazi verdi coltivabili, tali da fornire alle famiglie una preziosa fonte di sussistenza, i famosi orti della Garbatella.

Al progetto furono chiamati i migliori architetti dell’epoca: Gustavo Giovannoni, Innocenzo Sabbatini, Costantino Costantini, Marcello Piacentini, Mario De Renzi, che optarono per quello stile architettonico detto Barocchetto romano: ecco allora che gli edifici si adornarono di modanature di sapore medievale, di fregi decorati con figure di animali e soggetti floreali. Tutto realizzato con materiali tipici dell’edilizia popolare quali lo stucco e la calce bianca.

Con l’avvento del fascismo la pianificazione urbanistica prese un’altra direzione: si passò da un’idea di città giardino tutta italiana – ogni inquilino disponeva di una casa e di un orto –  a spazi e servizi collettivi. Questa seconda fase fu caratterizzata dall’edificazione dei celeberrimi Alberghi Suburbani (Rosso, Bianco e Giallo) nei pressi di piazza Eugenio Biffi, strutture concepite per accogliere il sempre crescente numero di immigrati. E non solo: là furono “convogliati” gli espulsi dal centro storico, i sorvegliati di polizia o gli ex confinati vittime del Tribunale Speciale.

La visita che proponiamo toccherà i due “momenti” della Garbatella: si partirà dal teatro Palladium, progettato da Innocenzo Sabbatini nel 1927, e da qui si proseguirà verso il poggio chiamato “Pincetto”, un vero unicum architettonico, con i suoi lotti abitativi della prima ora, ingentiliti da curatissimi giardini: dalle più svariate soluzioni architettoniche quali la “casa rapida”, semplice ed essenziale, ai suggestivi villini, fino alle case “minime”. Da qui, si proseguirà per via delle Sette Chiese e successivamente verso i luoghi della Resistenza, momento storico che ha lasciato in questo quartiere tracce indelebili quali il Centro Sociale La strada, la Scuola Popolare Pietro Bruno e la biblioteca Moby Dick.

La vista si concluderà nei pressi degli Alberghi Suburbani da cui si tornerà al punto di partenza, al teatro Palladium.

 


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