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  1. Villa Borghese. Da privato a pubblico: la rivoluzione del giardino nella Roma neoclassica

    Il Giardino del Lago a Villa Borghese, il Pincio, Piazza del Popolo: in uno spazio tutto sommato ridotto, nel giro di una quarantina d’anni – dalla fine del Settecento ai primi decenni del secolo successivo – si assiste a un cambiamento del gusto e del modo di vivere dei romani, che forse qui più che altrove emerge chiaramente.

    Il Giardino del Lago di Villa Borghese.

    È qui che il giardino all’italiana lascerà il passo ai primi tentativi di creazione del giardino all’inglese. E il periodo napoleonico, essenziale per questo cambiamento, segnerà l’ulteriore passaggio dal giardino privato, a tratti concesso come pubblico, al giardino realmente pubblico. È ancora qui che alla fine del Settecento vediamo il neo-classicismo muovere i primi passi, per poi crescere e maturare divenendo sempre più sobrio ed elegante nel corso dell’Ottocento.
    L’itinerario che proponiamo parte dai propilei neoclassici, ispirati ai modelli greci, realizzati da Luigi Canina e inaugurati nel 1829, che segnano imponenti l’entrata a Villa Borghese da Piazzale Flaminio, per poi giungere al Giardino del Lago. Il Giardino del Lago, però, è una creazione di fine Settecento, quando Marcantonio IV Borghese, arrivato in Villa dopo più di cento anni dalla sua creazione, decide di apportare significativi cambiamenti al giardino barocco per trasformarlo in qualcosa di più attuale. In accordo con le teorie illuministiche che esercitarono un notevole influsso sul modo di concepire la natura e l’arte dei giardini, incaricò Antonio Asprucci e suo figlio Mario di ridefinire il cosiddetto Terzo Recinto – un’area di 40 ettari, la più estesa della Villa – abbellendolo con templi, statue, fontane ed edifici di vario genere. A tal fine fu richiesta anche la collaborazione di Jacob More, pittore paesaggista che avrebbe dovuto disegnare la scenografia del Giardino. Ma le cose non andarono così e il contributo maggiore venne da un giardiniere autodidatta, Francesco Pettini, che forse non sapeva nulla di pittura e scenografia, ma sapeva molto di piante e giardini. Fu così che nacque il Giardino del Lago con il Tempio d’Esculapio, in stile ionico, con iscrizione dedicatoria in greco al dio della medicina Esculapio Salvatore e con l’innesto di una quarantina di tipi di piante, alcune delle quali, per quel periodo storico, potevano essere considerate delle vere e proprie rarità esotiche.

    I Giardini del Pincio.

    Dal Giardino del Lago, attraversando un ponte creato solo nel 1908, si arriva al Giardino del Pincio, quella parte del colle all’interno delle Mura Aureliane che si estende dalla terrazza fino a Villa Medici. Questo è, a tutti gli effetti, il primo giardino veramente pubblico di Roma, fortemente voluto da Napoleone Bonaparte, a cui è dedicato l’ampio piazzale che si affaccia su uno dei più suggestivi panorami della città. Per la sua realizzazione fu scelto l’architetto Giuseppe Valadier, che iniziò a lavorare all’allestimento nel 1816, contemporaneamente alla sistemazione della piazza del Popolo. La fine del governo napoleonico non arrestò il progetto, che fu  completato al ritorno di Pio VII a Roma e inaugurato nel 1824, quando il colle venne unito alla piazza dai due splendidi tornanti che ancora oggi si possono percorrere: una soluzione tecnica che costò al Valadier lunghi anni di studio. Da quel momento, e almeno fino alla prima metà del Novecento, il Pincio è stato il vero e proprio parco cittadino, la promenade urbana, il  giardino dove i romani hanno potuto assistere a innumerevoli eventi e spettacoli.
    Due maniere completamente nuove e diverse di vivere il verde e lo scopriremo attraverso le voci, i ricordi, le musiche e le emozioni di coloro che questi viali affollavano e ci si incontravano.

    Roma, 10 ottobre 2018

  2. Archeo

    Scoperte e sorprese
    sotto via del Corso

    I sotterranei di Santa Maria in Via Lata e San Lorenzo in Lucina

    A due passi una dall’altra, due chiese nascondono nei loro sotterranei straordinari inserti di Roma antica e medievale. Si tratta di Santa Maria in Via Lata, praticamente addossata a Palazzo Doria Pamphilj lungo via del Corso. E poco più in là, in direzione di piazza del Popolo, ecco San Lorenzo in Lucina nell’omonima, elegantissima piazza. La prima, che ha ereditato l’antica denominazione di via del Corso, richiama, per certi versi, la basilica di San Clemente. Nei suoi sotterranei infatti si incrociano vicende storiche e religiose di duemila anni: dai resti di una casa di due piani (insula) e di un portico dell’antica Roma alla spiritualità dei monaci orientali che dal VII all’XI secolo qui hanno vissuto trasformando l’insula in diaconia. Infine, la crypta che conserva le testimonianze dell’antica devozione dei cristiani che sin dai primi secoli vi hanno venerato la casa dell’evangelista Luca, l’ospitalità di Pietro, primo papa, e la prigione di Paolo di Tarso. Diviene chiesa vera e propria tra il 687 e il 701, durante il pontificato del papa siriano Sergio I.

    continua…

  3. Tradizioni

    Il Salvator mundi in Laterano

    Il Volto Santo: storia di un'immagine

    Dal velo della Veronica al Bernini, Pina Baglioni ripercorre la storia affascinante della più antica icona cristiana, attraverso le testimonianze che ancora si trovano nella nostra città

    Al Laterano, il fulcro attorno al quale ruota parte importante della storia della Chiesa di Roma, carità e arte si fondono nell’immagine di Cristo Salvatore del mondo.

    La storia parte da lontano, esattamente dalla prima metà IV secolo: la  basilica lateranense voluta da Costantino il Grande fu intitolata al Santissimo Salvatore e consacrata il 9 novembre del 324, sotto il pontificato di Silvestro I. Per l’occasione, fu realizzato un mosaico raffigurante il Salvator mundi per il catino absidale della cattedrale. continua…

  4. Il trionfo di Urbano VIII, dimora di capolavori assoluti

    Palazzo Barberini

    Grandiosa costruzione realizzata sulla vecchia Vigna Sforza e sul luogo di antichi edifici classici sorretti da imponenti fabbricati, ancora visibili verso la valle che divide il Quirinale dal Pincio. Papa Urbano VIII volle edificare, non lontano dalla sua residenza del Quirinale, il nuovo palazzo della famiglia, prima alloggiata nella cosiddetta “Casa grande” di via dei Giubbonari. Iniziato nel 1625 da Maderno, il palazzo fu poi affidato a Borromini, presto soppiantato da Gian Lorenzo Bernini che terminò i lavori nel 1633. continua…