Vittoriano o Altare della Patria: i due volti di un monumento

 

Che immagine ha il romano e più in generale l’italiano dell’Altare della Patria?

Vittoriano sotto la neve

Vittoriano sotto la neve

Probabilmente, la convinzione più diffusa è che esso sia il monumento di auto-celebrazione del regime fascista per eccellenza, quello che maggiormente stigmatizza l’aspetto architettonico del Ventennio e la realizzazione plastica delle sue ambizioni imperialistiche.
Un monumento che da sempre suscita sentimenti alterni: da un lato profondo amore e rispetto, e dall’altro, se non proprio odio quanto meno fastidio, perché vissuto come sopruso e distruzione di un’area di Roma di immensa bellezza. Abbattimenti che se da un lato apriranno la via alla Roma capitale, cancelleranno per sempre, in grandissima parte, la città medievale che oggi può essere apprezzata forse solo negli acquerelli di Ettore Roesler Franz.

Torre di Paolo Terzo - Ettore Roesler Franz

Torre di Paolo III – Ettore Roesler Franz


Chi passa oggi davanti all’Altare della Patria e prova fastidio lo chiama in tante maniere diverse: “scrivania” o “ferro da stiro”, forse sono gli appellativi meno ingiuriosi.
La sua mole svetta ed è visibile da molti punti diversi della città, diventando attrazione cui è impossibile sottrarsi. Almeno una volta bisogna calcare le sue scale e sottostare al rito. Anche gli stranieri fanno di tutto per poterlo visitare, forse senza capirci gran che e solo per godere della magnifica vista sulla città da una delle sue terrazze.
Parte della pessima fama, come si è detto, trova le sue radici nel fatto che furono necessari tanti abbattimenti e sventramenti per realizzare quest’opera, la maggior parte dei quali viene imputata per intero al regime fascista che, in realtà, procedette solo ad una sorta di “appropriazione indebita”: utilizzare il monumento come enorme manifesto di propaganda del regime. Ancora oggi la vulgata comune riconosce nell’Altare della Patria un monumento voluto da Benito Mussolini. Ma quando nel 1922, i fascisti arrivano al potere, l’imponente mole bianca era già in costruzione dal primo gennaio del 1885, anzi da una decina di anni il monumento era stato inaugurato ufficialmente, anche se non completato in tutte le sue parti.
In origine avrebbe dovuto chiamarsi “Vittoriano”, perché edificato per celebrare la morte di Vittorio

Statua di Vittorio Emanuele II

Statua di Vittorio Emanuele II

Emanuele II di Savoia, l’amatissimo re dell’Unità d’Italia, ma anche per ricordare gli ideali risorgimentali e gli uomini che si erano sacrificati in nome dell’Unità d’Italia.
 Ma i lavori del più grande cantiere di Roma di fine Ottocento si dilatarono nel tempo per difficoltà strutturali non previste in fase progettuale. Il monumento si ingigantì allontanandosi via via dall’idea architettonica e celebrativa iniziale.
La partecipazione dell’Italia alla Prima Guerra Mondiale con il suo enorme numero di morti ebbe poi un gran peso sul significato e sul ruolo del monumento. Molti di quei morti erano rimasti “ignoti” e la Patria sentì il bisogno di celebrarli tutti insieme. Fu così che il Vittoriano divenne l’Altare della Patria, e la Patria si auto-celebrò con qualche anticipo rispetto all’ascesa del fascismo.
Quando il partito fascista arrivò al governo, il monumento era quindi già lì con tutta la sua retorica. Non restava altro che appropriarsi della sua immagine pubblica e del suo significato nell’immaginario comune e sfruttare il tutto a beneficio del regime.
Nel passaggio dal 1800 al 1900 intanto, lo stile, la sensibilità artistica, il gusto subirono un cambiamento: il neoclassicismo italiano si tinse di verismo e contemporaneamente emersero nuovi fenomeni artistici di derivazione europea come il liberty. È il momento de La Belle Epoque, il movimento artistico e di costume che si afferma in Germania e in modo particolare in Austria, dove il nuovo sentire assume la definizione di “Secessione Viennese”. Klimt, che è l’esponente di maggior spicco della Secessione Viennese, non manca di far sentire la sua influenza anche in Italia.

Vittoria alata

Vittoria alata

Forse potrà sembrare un po’ strano, ma molte di queste novità artistiche e culturali trovano la loro citazione all’interno dell’arte decorativa del Vittoriano/Altare della Patria.
Ad esempio, le “Vittorie alate”, che con profusione sono utilizzate come elemento decorativo e di celebrazione in molti punti del monumento, perdono le loro fattezze classiche, per assomigliare alle donne borghesi della Bella Epoque: stessa maniera di pettinarsi, una simile maniera di vestire.
La stessa Dea Roma sta, maestosa e fiera, davanti ad un mosaico tutto d’oro assolutamente inconcepibile se il vento della Secessione Viennese non fosse spirato fino in Italia.
Il passare inesorabile del tempo non cambia quindi solo il significato intimo del monumento che celebra la Patria e non più un re e gli ideali risorgimentali, ma fa si che nell’apparato decorativo del monumento si possa trovare citato il Michelangelo della Cappella Sistina accanto a Klimt.

Roma, 28 maggio 2018


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