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Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica

di Paolo Ricciardi

A cinquanta anni da Woodstock, ovvero da quello che è considerato il più grande evento musicale, e non solo, realizzato fino a oggi, pubblichiamo un articolo di Paolo Ricciardi che ripercorre brevemente quei giorni di

Woodstock – Il Concerto – 1969.

musica, ma anche di pace e amore, quando una vasta comunità si riunì in un luogo con l’unica motivazione di ascoltare musica e condivise tutto, dimostrando che convivenze pacifiche sono effettivamente possibili, se si condividono ideali e obiettivi.

Sono le 17.00 del 15 agosto 1969 quando Richie Havens sale sul palco, dando inizio a un evento che entrerà nella storia della musica e non solo, diventando simbolo di una generazione e dei suoi sogni, purtroppo mai realizzatisi.
Tutto iniziò da un semplice annuncio sul giornale, pubblicato da John Roberts e Joel Rosenman, che recitava più o meno così: “Uomini giovani con capitale illimitato cercano interessanti opportunità, legali, di investimento e proposte d’affari”.
I soldi, in pratica, erano quelli di Roberts, il quale li aveva ereditati dal ramo farmaceutico. Con lui, nella missione, era impiegato il suo migliore amico, Rosenman. Ma a far scoccare la scintilla furono due nuovi arrivati, Artie Kornfeld e Mike Lang.
Questi ultimi contattarono Roberts e Rosenman con la proposta di creare uno studio di registrazione nel villaggio di Woodstock, nella contea di Ulster dello stato di New York. La proposta dello studio di registrazione si modificò ben presto nell’ambizioso progetto di organizzare un mega festival musicale e artistico che avrebbe dovuto accogliere circa 50.000 persone.

I quattro avevano individuato un luogo utile per lavorare all’allestimento

Max Yasgur – Woodstock – 1969.

dell’evento in un parco industriale nella vicina Wallkill, sempre nello stato di New York. Stamparono biglietti da 7, 13 e 18 dollari ciascuno, rispettivamente per una, due o tre giornate di concerto, poi venduti in alcuni negozi selezionati o, anche, per corrispondenza
Tuttavia, la cittadinanza di Wallkill, venuta a conoscenza di quanto si stava organizzando, rifiutandosi di accogliere “un mucchio di drogati” nella propria località, dopo molte dispute legali, riuscì a far approvare una legge esattamente il 2 luglio del 1969, nella quale fu vietato il concerto, tanto a Walkill che nelle immediate vicinanze.
In pratica, a un mese e mezzo dal Festival, tutto era in alto mare: senza località, il rischio di far saltare tutto all’aria era concreto. Intanto, a seguito dell’ordinanza cittadina, molti musicisti cominciano a declinare l’invito e anche i rivenditori dei biglietti non avevano più intenzione di sostenere un evento così in bilico.
A questo punto entrò in scena Max Yasgur, l’uomo senza il quale l’evento non si sarebbe mai verificato.
A tirarlo in ballo fu il proprietario del Motel El Monaco, Elliot Tiber, titolare di una tenuta di circa quindici acri che, contattato dagli organizzatori, pur avendo accettato di dare asilo agli ospiti, ben presto si rese conto che non

Joan Baez – Woodstock – 1969.

avrebbe mai potuto accogliere, con i propri mezzi, l’enorme mole di gente prevista. A metà luglio infatti, con il festival in alto mare e nonostante l’annuncio di spostamento della località, erano già stati venduti oltre centocinquantamila biglietti. Per questo motivo, Tiber suggerì di interpellare Max Yasgur, proprietario di un caseificio di 600 acri a ridosso di uno stagno il quale a propria volta, successivamente, sarebbe stato reso famoso proprio dagli hippy intervenuti alla tre giorni di concerto. Essi diedero vita al bagno completamente svestiti, che fu uno dei momenti leggendari di Woodstock, rimasto impresso nell’immaginario comune, e ancora vivo oggi a cinquanta anni di distanza.
La nuova location si prestava bene ma l’intera organizzazione era molto, molto in ritardo: tutti i contratti di locazione, e non solo, dovevano essere ancora redatti, stesso dicasi per quanto riguarda la costruzione e l’allestimento del palco, i padiglioni, un parco giochi per i bambini e molto altro ancora, bagni compresi. Infine, cosa ancora più grave, non si riuscì mai a mettere in piedi le biglietterie e le cancellate di recinzione: cosa che

Woodstock – Agosto 1969.

trasformò il festival in una enorme kermesse gratuita. Da ogni dove, prima e immediatamente dopo il concerto, fioccarono le accuse di aver dato vita a un evento disorganizzato e pericoloso.
Ciononostante, fu proprio Max Yasgur a dare la definizione più giusta del festival di Woodstock, parlando di come mezzo milione di persone, in una situazione che avrebbe permesso risse e saccheggi, avessero creato realmente una comunità motivata dagli ideali di pace e amore: “Se ci ispirassimo a loro potremmo superare quelle avversità che sono i problemi attuali dell’America – dichiarò Yasgur – nella speranza di un futuro più luminoso e pacifico“.
La dichiarazione ufficiale di una tre giorni di musica gratuita fu proprio a opera degli organizzatori ed ebbe un effetto devastante sull’intera cittadina di Bethel, e suoi immediati dintorni. Frotte di giovani si misero in marcia, le automobili vennero abbandonate per strada e ben presto si campeggiò un po’ ovunque, a totale danno dell’ordine pubblico. Per favorire gli spostamenti degli artisti dagli alberghi al palcoscenico, vennero noleggiati degli elicotteri, utilizzati come vere e proprie navette.

Flower Power – Woodstock – 1969.

Nonostante tutti i problemi degli organizzatori, il Festival di Woodstock cominciò quasi in orario. Venerdì 15 agosto, intorno alle 17, Richie Havens salì sul palco e cominciò ufficialmente la rassegna più importante della storia della musica rock.
Il grande cantante e chitarrista afroamericano aprì con il brano “High Flyin’ Bird”, per poi suonare un paio di cover dei Beatles, e terminando la sua performance con una delle canzoni improvvisate più note di sempre: “Freedom”.
La prima giornata fu interamente dedicata alla musica folk.
Assente Bob Dylan, sul palco si alternarono Country Joe, gli Sweetwater, Bert Sommer, Tim Hardin, Ravi Shankar, Arlo Guthrie e Joan Baez.
Quest’ultima, al sesto mese di gravidanza durante la sua performance, successivamente avrebbe dichiarato che suo marito, David Harris, proprio mentre lei suonava a Woodstock, veniva arrestato dall’esercito statunitense in quanto obiettore di coscienza.
Il giorno successivo, poco dopo mezzogiorno, iniziarono a salire sul palco artisti straordinari come Carlos Santana che, insieme ai musicisti della sua band, eseguì una delle versioni più spettacolari di sempre di “Soul Sacrifice”.

Carlos Santana – Woodstock – 1969.

A Santana seguirono i Grateful Dead, Janis Joplin, e gli Who.
Questi ultimi salirono sul palco solo alle quattro del mattino in quanto, come poi rivelato, non avevano raggiunto un accordo economico con gli organizzatori.
La loro performance fu importante, con la consueta distruzione della chitarra da parte di Pete Townshend e conseguente lancio dello strumento tra il pubblico presente. Suonarono brani storici come “My Generation”, “I’m Free” e “I Can’t Explain”, oltre a un’altra dozzina di pezzi altrettanto importanti.
Keef Hartley, i Creedence, altra band leggendaria, i Mountain, i Canned Heat e gli psichedelici Jefferson Airplane completarono la giornata di sabato, che di fatto si concluse intorno alle nove del mattino di domenica. Canzoni come “Somebody to Love”, “Volunteers” e “White Rabbit”, a forte connotazione politica e anche acida, firmate proprio dai Jefferson, caratterizzarono definitivamente il festival di Woodstock.
Durante quest’ultima giornata, molti degli spettatori iniziarono ad abbandonare il luogo del concerto.
Il Festival era praticamente terminato quando, alle nove del mattino del lunedì, salì sul palco l’ultimo artista in scaletta, la cui performance fu sicuramente la più importante, devastante e incendiaria dell’intera manifestazione.

Jimi Hendrix – Woodstock – 1969.

Jimi Hendrix passò alla storia per il brano The Star-Spangled Banner: una reinterpretazione “molto personale” dell’ inno degli Stati Uniti, da interpretare come un vero e proprio inno di protesta nei confronti dell’esercito americano, in quel tempo impegnato nella contestatissima guerra nel Vietnam, che fu una delle motivazioni principali dello stesso festival di Woodstock.
Hendrix e la sua Fender Stratocaster passarono letteralmente alla storia: il chitarrista di Seattle simulò le bombe con le sei corde della sua chitarra, facendole vibrare con il suo grosso anello dorato inserito nell’indice della mano sinistra, evocando anche le urla e il suono dei missili aerei, e inserendo il tutto all’interno del contestato inno nazionale statunitense.
L’ultima giornata non fu solo Hendrix. Sul palco si alternarono artisti importanti come il bluesman bianco Johnny Winter, i Blood Sweet & Tears, The Band, Sha-Na-Na, The Grease Band e Paul Butterfield. Una menzione a parte la merita anche l’allora giovanissimo Joe Cocker, il quale aprì ufficialmente il festival alle due del pomeriggio, oltre alla chitarra impazzita di Alvin Lee, front-man dei leggendari Ten Years After, straordinario il suo “I’m Going Home” eseguito alla velocità della luce.

See Me Feel Me – Who – Woodstock – 1969.

Tuttavia, a riscuotere un grande successo fu soprattutto il quartetto vocale e strumentale di David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash e Neil Young.
Questi ultimi iniziarono intorno alle tre del mattino e diedero vita a due esibizioni distinte: una vocale e una, successiva, strumentale. Magnifiche le esecuzioni di brani come “Helplessy Hoping”, “Blackbird”, “Marrakesh Express”, “Bluebird” e “Wooden Ships”.
Da segnalare, infine, un’altra nota di colore: alla fine dell’esibizione di Joe Cocker, su Bethel si abbatté un fortissimo temporale che arrestò il concerto per diverse ore, prima della ripresa di Country Joe and The Fish, intorno alle 18. Durante quelle ore di pioggia, le centinaia di migliaia di persone assiepate diedero vita a una vera e propria danza della pioggia, intonando un coro improvvisato che diceva solamente le seguenti parole “No rain, no rain, no rain”.
Terminato il festival, gli organizzatori si ritrovarono letteralmente travolti dalla rassegna e dal successo incredibile della tre giorni di musica, e non ebbero il tempo di rendersi conto di ciò che erano stati in grado di organizzare. Questo perché immediatamente dovettero fare i conti con il

Danza – Woodstock – 1969.

loro debito accumulato, il quale ammontava a circa un milione di dollari e dovettero poi provvedere alle circa settanta cause giudiziarie presentate contro di loro.
A dare conforto, furono però i diritti ricavati dal film originale del Festival di Woodstock, il quale risultò un grande successo e diede la possibilità ai quattro organizzatori di coprire una larga fetta del debito accumulato. Il titolo del film cui si fa riferimento è “Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica”, per la regia di Michael Wadleigh, datato 1970.
Woodstock è stato e sarà sempre un evento storico, un luogo che ha visto uniti tanti giovani, che ha visto inneggiare alla libertà, il festival che ha dato voce ai protagonisti di una storia, che hanno saputo prendersi il loro spazio e il loro tempo.
Woodstock resterà sempre un evento irripetibile, un momento il cui ricordo resta nel cuore di chi ci è stato, di chi non era ancora nato, e di chi continua a riconoscersi in quelle canzoni, in quell’atmosfera, in quegli inni di amore e pace.
“Tutte le volte che salgo su un palco è come se rivivessi lo spirito di Woodstock” (Carlos Santana)

Roma, 10 settembre 2019


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